Ancora crisi nei Ds. Dopo poche settimane dalle fibrillazioni che avevano visto contrapposti il sindaco di Rimini Alberto Ravaioli (Margherita), e il vice-sindaco diessino Maurizio Melucci da una parte e il capogruppo consiliare Massimo Lugaresi e il suo gruppo dall’altra, i problemi si ripropongono. Ma più interni alla Quercia, e più trasversali. Nel senso che questa volta non è tanto l’operato della giunta riminese in discussione, ma gli assetti complessivi del partito. E la conflittualità non è più solo tra i “soliti” Melucci e Lugaresi. Tant’è vero che nel dibattito sono entrati, e prepotentemente, tutti gli esponenti di spicco del partito, compresi il presidente della Provincia Nando Fabbri, l’onorevole Sergio Gambini, il consigliere regionale Andrea Gnassi, e ovviamente, il segretario di federazione Riziero Santi. Così a Rimini è dovuto scendere addirittura il segretario regionale Roberto Montanari, poiché la situazione aveva destato forti preoccupazioni fino a Bologna.
Ma da cosa nasce tutto questo? La risposta più semplice è che si tratta di un momento dei lunghi coltelli nello stato maggiore diessino, causato da odii antichi mai sopiti.
Ma quali e chi sono gli antagonisti in campo?
Maurizio Melucci, il vincitore indiscusso dello storico congresso che vide prevalere del partito contro gli amministratori, è poi diventato vice-sindaco di Rimini, giocando ad arte la carta Ravaioli, e vincendo per due volte scontri elettorali dall’esito tutt’altro che scontato. Ora ciò che gli preme sono la pax amministrativa a Rimini e il mantenimento degli attuali equilibri.
Nando Fabbri. E’ stato invece il perdente in quel congresso. Confinato prima in regione, poi alla presidenza della Provincia, ci ha preso gusto, diventando il punto di riferimento diessino tra gli amministratori. E ora, di fronte a un partito che non funziona, si togli qualche sassolino dalla scarpa.
Riziero Santi. Dopo l’esilio da Riccione e qualche anno di purgatorio, è stato eletto segretario quasi all’unanimità, grazie ad un non facile patto interno al partito, fatto grazie ad una magistrale mediazione di Melucci. Al quale deve moltissimo.
Sergio Gambini. Del gruppo di Melucci, ne è diventato uno dei grandi accusatori. “Rimini non ha un vice-sindaco” ha detto nel recente incontro con Montanari. Polemico anche con Santi per una direzione del partito giudicata troppo appiattita su Melucci e quindi sul sindaco Ravaioli e sulla Margherita.
Andrea Gnassi. Il leader dei trentenni, ispiratore del documento che diceva basta risse. Sinceramente preoccupato per un partito che sta perdendo vistosamente visibilità.
Massimo Lugaresi. Rientrato in politica nel ’99, si è guadagnato tutto sul campo. A partire dal ruolo di capogruppo in Consiglio comunale, dove non ha neppure bisogno di sfoggiare il suo piglio per dominare un gruppo che rappresenta il suo esercito. Ha un rapporto di nemico-amico con Melucci e chiede a gran voce, un ruolo politico. Vuol fare le scarpe a Santi come segretario di federazione, ma questo rappresenta l’incubo degli amministratori, a partire da Melucci, a causa della sua poca diplomazia e delle sue passioni repentine.
Giuseppe Chicchi. Guida una parte ampia ed importante del partito, in minoranza sia a Rimini, sia a livello nazionale, sta alla finestra. Ovvio che punta a fare, quando sarà necessario, l’ago della bilancia; per dettare poi le sue condizioni.
Con questi presupposti è difficile al momento individuare, nei Ds, due gruppi schierati. Se ci sono, è solo per motivi tattici, pronti poi a cambiare amici e alleanze a seconda di come butta. E questa deve essere stata anche l’impressione che si è fatto il segretario regionale Montanari. Tanto da imporre subito una revisione delle segreteria, con l’ingresso di tutte le anime del partito. Ma basterà un riassetto della segreteria, e magari qualche poltrona sapientemente distribuita, per sanare contrasti tanto profondi? Sarebbe meglio, soprattutto per i Ds, stessi. Converrebbe puntare tutto su una nuova unità interna, e una ripresa del dialogo con la società civile, altrimenti facile preda di comitati difficilmente gestibili. Se no, alle prossimi elezioni, la Quercia riminese potrebbe perdere non solo la maggioranza relativa in provincia (già ceduta a Forza Italia) ma anche qualche altra amministrazione pubblica.