di Enzo Cecchini
“Il vino nuovo non può essere contenuto dentro gli otri vecchi”, Prodi. Ci avviciniamo alle elezioni amministrative e ancora resta in vigore l’equilibrismo farmacistico, praticato nella penombra delle segreterie dei partiti. Gli elettori del centrosinistra (e non solo), vogliono sapere, vogliono contare e decidere sui candidati e sui programmi! Tempo fa si parlava di primarie?… Tira i fili una classe politica dirigente, dove non tutti hanno fatto tesoro dello storico urlo di Nanni Moretti: “vogliamo l’unità, ma la delega in bianco non è più scontata, dovete meritare la nostra fiducia, pertanto vogliamo partecipare per decidere. Vi terremo d’occhio!”.
Questa “minaccia” vale anche per i nostri comuni sonnacchiosi, dove una classe politico-amministrativa, da sempre al potere, pare inamovibile e insensibile al mondo che cambia. Piena di sé, autoreferenziale, riscopre la “politica” solo in campagna elettorale, per poi rinchiudersi per cinque anni nel Palazzo e stupidamente allergica ad ogni critica. La fortuna di confrontarsi con una opposizione poco autorevole. Una classe politico-amministrativa che, pur meritevole in alcune opere di governo, è carente nel confronto con la città. Le cose vengono comunicate attraverso i giornali, si fa uso della politica spettacolo… e i cittadini assistono impotenti e disinformati a furibonde polemiche giornalistiche con l’opposizione.
Sotto accusa spesso non è solo il merito delle cose, ma un metodo scarsamente trasparente, ostentato di superiorità e supponenza, e alle critiche si risponde con la forza della superiorità numerica nei Consigli comunali.
In questi anni Cattolica ha sofferto di una grave carenza: la politica. Ne è convinto anche l’attuale segretario diessino Giuseppe Prioli. Ma in democrazia, è la politica che disegna gli indirizzi, traccia i confini fra l’interesse pubblico e quello privato. Se manca la politica, gli interessi privati riempiono questo vuoto e governeranno a loro piacimento la politica; di conseguenza è l’interesse pubblico che viene compresso pericolosamente dai poteri forti.
Insomma non è più tollerabile uno sviluppo delle città subordinato alle esigenze e ai tempi del mercato immobiliare. Il dio mattone può creare ricchezza, ma può diventare una ricchezza distorta, soffocante per l’equilibrio democratico del buon governo. Un uso moderato e razionale del territorio e delle risorse finanziarie pubbliche, non è solo un dovere, ma un segno distintivo di moralità pubblica.
Allora il messaggio deve essere chiaro e forte: cambiamento! Rinnovare la classe politico-amministrativa, raccogliere dalla cosiddetta società civile idee, critiche, progetti, e soprattutto donne e uomini sgombri da logiche burocratiche ed economiciste, lontani dai conflitti di interesse; donne e uomini “contaminati” da quei fermenti che hanno caratterizzato e umanizzato la vita politica mondiale (e italiana) degli ultimi anni.
Il degrado della convivenza e dell’etica pubblica devono essere messi al bando. La critica al globalismo distorto, al liberalismo selvaggio, l’affermazione del pacifismo… devono e possono entrare nella cultura di governo anche di piccole città. Sarà questo largo respiro ideale che farà uscire (e crescere) una nuova classe politica dirigente dallo strangolamento del provincialismo più becero e dalle stupide guerre di campanile.
La coscienza della maggioranza dei cittadini è ormai proiettata in questa dimensione. Allora non facciamo furbizie al riparo di uno status quo sempre più traballante; a settembre ricominceranno a marciare i movimenti… e chi si ostina nella conservazione rischia di essere travolto. Ricordiamolo: sono stati i movimenti in questi due anni a ridare forza e spinta ad un centrosinistra in coma.
Berlusconi si riuscirà a mandarlo a casa, ma il berlusconismo è diventato trasversalmente dilagante e agisce come un tarlo. Pochi giorni fa Sergio Cofferati e Tonino Guerra imploravano che la sinistra ha bisogno d’identità come l’aria. Spalancate le porte! Non soffocate il tutto nelle anguste segreterie dei partiti.