– Cos’è cambiato nella Margherita, dopo i due principali congressi che ha svolto a Rimini? Non molto. Per non dire poi, assolutamente nulla.
Nel senso che gli organismi dirigenti del partito sono rimasti gli stessi, e anche i rapporti di forza all’interno del centro del centro-sinistra, non si sono modificati.
Coordinatori del partito a livello provinciale e del comune di Rimini sono stati confermati, rispettivamente, Roberto Mussoni e Roberto Piva. Ma anche i rapporti di forza, gli assi interni, i “feudi”, sono rimasti quelli di un tempo.
Così come la politica strategica e tattica: il restare dentro il centro-sinistra, ostentando però ostilità nei confronti dei Ds. Specie quando si parla del rapporto con Rifondazione Comunista.
Il coordinatore regionale della Margherita, Marco Monari, l’ha detto molto chiaramente nel corso del congresso provinciale che si è svolto sabato 21 giugno: “La Margherita deve considerarsi un partito di opinione a livello nazionale, ma radicato sul territorio a livello locale”. E ancora: “I Ds devono essere pronti a mettersi in discussione, e anche a mettere in gioco la loro storica egemonia all’interno del centro-sinistra”.
E quasi tutti gli esponenti di spicco a livello locale, da Maurizio Taormina, allo stesso Mussoni, hanno aderito a questa impostazione.
Il concetto è semplice: la Margherita sa che spesso la coalizione ha bisogno di suoi uomini per fare il risultato elettorale. Specie nelle “piazze” più difficili, perché proprio in quelle un uomo del centro è in grado di spostare i voti dei moderati, e di fare quindi la differenza. Anche se poi il grosso dei voti è la sinistra a portarlo.
A fronte di questo la Margherita alza il prezzo. Secondo qualche “osservatore” a Rimini sarebbe successo proprio questo. Con la Margherita che vanta, oltre al sindaco Alberto Ravaioli, ben quattro assessori, contro soli quattro assessori dei Ds. Nonostante la notevole sproporzione di voti.
E con ulteriori richieste di “poltrone”, nelle pubbliche amministrazioni piuttosto che nelle aziende partecipate e parapubbliche, a fronte del “contributo di idee” che il centro sente di dare alla coalizione.
Rispetto alla situazione più interna al partito, fa riflettere il fatto che il grosso del potere sia in mano a quell’Ermanno Vichi che solo pochi mesi fa aveva festeggiato con una cena il suo “ritiro” dalla politica. Suoi sono cinque dei 15 uomini che formano il direttivo provinciale, che affianca Mussoni. E a questi 5 se ne aggiungono 3 in quota a Maurizio Taormina, che con Vichi ha stipulato un patto che li porta a guidare il partito. Patto dietro il quale ci sarebbero già idee di come spartirsi le cariche per il 2004: si parla di Taormina alla guida della Provincia e di un Vichi diretto a Roma, assieme a Nando Fabbri.
Situazione che, qualora, come qualcuno sostiene, anche al Comune di Rimini si andasse alle elezioni anticipate nel 2004, potrebbe portare un diessino a Palazzo Garampi.
Sempre dentro la Margherita, il resto è per l’asse Piva-Massimo Foschi, quindi per gli ioliani e per Tiziano Arlotti, uomo forte della Margherita nella giunta di Alberto Ravaioli. A proposito, e il sindaco più amato dagli italiani? Non avrebbe altrettanto successo all’interno del suo partito, dove non sarebbe riuscito a collocare neppure un suo uomo all’interno dei 15. Situazione che potrebbe dirla lunga rispetto alla sua futura posizione nei giochi amministrativi, visto che le sue quotazioni parrebbero in ribasso anche nei pressi della Quercia.
Questa la geografia di un partito che è andato molto bene alle ultime elezioni, sia a livello nazionale che a Rimini. Ma non è un caso. Perché sia per la poltrona di premier che per quella di sindaco della capitale delle vacanze, la coalizione portava proprio un esponente della Margherita, rispettivamente Francesco Rutelli e Ravaioli. E così a Rimini è fioccato un 17 per cento. A spese dei Ds.
Ma non è andata nello stesso modo agli ultimi appuntamenti elettorali, in cui il centro-sinistra portava anche candidati provenienti altri partiti. Il centro, in questi casi, ha perso. Pare abbastanza evidente usando un pizzico del buon vecchio buonsenso che sia dipeso proprio dal fatto che non sempre il candidato era targato Margherita. A riprova, c’è un travaso di voti tra Margherita e Ds: quando perde una guadagnano gli altri e viceversa. Ma da quelle parti è sembrato più facile accusare gli alleati, piuttosto che fare un’attenta analisi di cosa fare per aumentare la presa sugli elettori.
Ma per far questo servono vertici capaci, uomini che sappiano, all’occorrenza, anche mettere in discussione il loro ruolo. Elementi che invece, al momento, sono carenti nella classe politica di un po’ tutto il centro-sinistra.
La direzione
La Margherita della provincia di Rimini può contare su 1.350 iscritti circa, divisi in 72 circoli che per il congresso di sabato 21 giugno hanno espresso 147 delegati.
I 15 eletti nel direttivo sono Marco Arlotti, Tiziano Arlotti, Baldassarri, Luigi Bonadonna, Salvatore Di Grazia, Mauro Ioli, Maggioli, Orrù, Massimo Foschi, Ruggero Gozzi, Enrico Ortalli, Roberto Piva, Giuseppe (Pino) Sanchini, Ermanno Vichi, Samuele Zerbini.