di Francesco Pagnini
– Per quanto ancora esisterà lo stato sociale? Una domanda legittima viste le ultime scelte, solo apparentemente liberiste, del governo Berlusconi. La legge Finanziaria 2003 prevede infatti fortissimi tagli alle strutture socio-sanitarie, tramite minori finanziamenti alle Regioni. Ma non si specifica però, che fine faranno questi fondi risparmiati. Tanto che il sospetto di più di un addetto ai lavori è che sia conservato per una distribuzione più mirata a soggetti ed enti locali politicamente amici. In questo senso le scelte del governo, e del superministro Giulio Tremonti, che si dicono liberali, potrebbero essere invece di natura assolutamente diversa.
Via con gli esempi relativi alla realtà riminese, partendo dalla sanità.
Eliminando il meccanismo della pesatura nella distribuzione dei finanziamenti sanitari alle Regioni, vanno a rimetterci quei territori che hanno una popolazione composta in maniera maggiore da anziani, e dove ci sono molti disabili. L’Emilia Romagna e Rimini sono in questa situazione. E la conseguenza è un forte ridimensionamento anche nei fondi che, di conseguenza, vengono girati alle varie Ausl. Tanto che a Rimini, dopo tre anni in cui non senza sacrifici, si è riusciti ad azzerare un deficit che era arrivato fino a 56 miliardi (di lire), ora ci si trova nelle condizioni, per il 2003, di dover tornare in rosso. Nulla di trascendentale, se solo il (solito) governo, non avesse previsto, sempre in Finanziaria, una norma che causa le dimissioni dei direttori generali, che portano le loro Ausl in deficit.
“Una norma curiosa – si limita a commentare, con flemma tutta inglese, il direttore generale dell’Ausl di Rimini, Tiziano Carradori – fa sì che, il prossimo anno, siano avvantaggiate quelle aziende sanitarie che l’anno scorso erano già in passivo. Queste potranno restarci anche l’anno prossimo. Al contrario, quelle che hanno avuto un comportamento virtuoso, quest’anno non potranno nuovamente ricorrere a misure d’emergenza”.
Ma il “mix micidiale” è il mettere insieme di questa norma con quella che prevede il “licenziamento in tronco” per i direttori generali che vanno in rosso, e con quella che prevede le medie aritmetiche non pesate, rispetto alla popolazione, per i finanziamenti.
“Tutto questo insieme – spiega Carradori – ci porta nella seguente situazione: l’Ausl di Rimini l’anno scorso ha avuto un comportamento virtuoso, raggiungendo il pareggio. Infatti quest’anno, quasi sicuramente, i conti saranno in pareggio. Su questa situazione si innestano però i minori fondi conseguentemente al nuovo calcolo dei finanziamenti da Roma”.
E il risultato di tutto questo è uno solo: “O taglio i servizi, che però sono già razionalizzati al massimo, oppure decido di andare in rosso mantenendo inalterati i servizi”.
La seconda opzione ha però una conseguenza molto chiara: il licenziamento.
Anche su questo Carradori è molto “inglese”: “Se così dev’essere… io faccio ciò che ritengo più opportuno, poi vedremo”. Ed è anche vero che la Regione ha già annunciato il ricorso alla Corte costituzionale rispetto al gruppo di norme che contiene anche tale provvedimento.
“Non vorrei poi – chiosa Carradori – che i fondi vengano poi distribuiti alle regioni politicamente amiche, secondo altri criteri”.
Lo stesso sospetto, anche se non lo dichiara con gli stessi toni, ce l’hanno pure gli assessori ai Servizi sociali e alla Casa del Comune di Rimini, Stefano Vitali e Vittorio Buldrini. Che nei giorni scorsi sono stati convocati in Regione, per essere messi al corrente del fatto che da Roma sono stati tagliati i fondi per la prevenzione contro la droga, l’accoglienza agli immigrati, la casa, i servizi sociali di base: totale, diversi miliardi di lire in meno per Rimini.
“Ci troviamo in una brutta situazione – commenta Vitali – o togliamo i servizi di base, il chè significa, ad esempio, non mandare più gli assistenti a casa degli anziani per un minimo di supporto, oppure dobbiamo ritrovare quei soldi in altro modo. E siccome si tratta di diversi miliardi di lire, sarebbe conseguente un taglio, ma robusto, di altri capitoli di bilancio”.
Così, qualunque sia la scelta, i cittadini finiranno col prendersela col Comune o con l’Ausl, mentre a Roma il superministro potrà fregiarsi dei suoi bellissimi conti a posto. Con buona pace di uno stato sociale che presto non esisterà più, o sarà retto dalle fragili spalle degli enti locali.