– Concludiamo la storia dove i protagonisti sono due marinai gabiccesi: Sebastiano Palazzi “Palèn” (deceduto nel 1996) e Umberto Galeazzi, che con Franco Palazzi, la raccontano. Lui quasi novantenne ci parla di questo sodalizio con il cognato, fatto di lavoro duro, amicizia e solidarietà.
“L’8 settembre 1943 ero a casa in licenza e come al solito Sebastiano era al comando del ‘Risveglio’ assieme a Luciano Vincenzetti, Angelo Ortolani e molti altri soldati. Il giorno dell’armistizio ci siamo trovati improvvisamente privi di ordini, il comando non esisteva più, ognuno si comportava autonomamente: ‘L’era la fin dal mond!’. In seguito mi raccontarono che nel porto di Zara c’era tanta roba sulla banchina; il nostro equipaggio ha preso tre-quattro forme di formaggio che poi sono cadute in acqua nella fretta di scappare”.
Franco Palazzi: “Il ‘Risveglio’ era pieno di viveri a bordo da portare, come di consueto, alle truppe; il babbo ha capito che era il momento di scappare, per cui ha avuto il coraggio di prendere la barca buttando in mare tutti i viveri, imbarcando quanti più soldati fosse possibile (circa una trentina). Tranquillizzandoli diceva: ‘Dai, dai, tnen dur che anden a chesa!’. Il gabiccese Ernesto Fumagalli ‘Ernesto dal Moro’ che in quel momento era sul molo, ha avuto timore di fuggire e non ha voluto imbarcarsi. E’ stato fatto prigioniero dai tedeschi e deportato in Germania.
Mentre la barca era in fuga con tutto quel carico di persone, ad alcune miglia dalla costa slava siamo stati attaccati e inseguiti da un motoscafo. Il babbo allora esclamò: ‘Os-cia i ci-arporta dentra, i spéra!’. Tutti si sono impauriti. Invece erano venuti a prelevare un ufficiale italiano che si era imbarcato. L’hanno preso e riportato in Yugoslavia, mentre la barca ha potuto continuare l’attraversata fino in Italia”.
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E’ ancora Franco Palazzi che racconta: “All’epoca avevo 7 anni e lo zio Umberto veniva sempre a casa da sua sorella (mia madre Rosa) e li vedevo preoccupati. Nel porto ogni giorno arrivavano barche cariche di soldati provenienti dalla Yugoslavia. I pensieri erano rivolti a Sebastiano: ‘Chissà se ce la farà, se l’avranno preso e portato in Germania, o l’avranno fucilato…’. Ricordo quel giorno, che di ritorno dal barbiere, sono andato come al solito a vedere le barche che arrivavano in porto. Sin da piccolo ho imparato a riconoscere le barche in lontananza e alzando gli occhi ho riconosciuto il ‘Risveglio’. Ho esclamato: ‘Orca boia è il babbo!’. E sono corso subito a casa ad avvisare lo zio Umberto e la mamma. E via tutti insieme al porto!
A bordo avevano un po’ di armi che hanno gettato in mare poco prima di rientrare, nelle ‘serre’. Al porto c’era un gran movimento di soldati italiani arrivati anche con altre barche. Appena scesi ognuno prendeva la sua strada verso casa. Sul ‘Risveglio’ c’erano dei militari veneti addetti alla mitraglia di bordo, appartenevano al G.A.F. (guardie di frontiera). Mia mamma Rosa diede loro camicie e pantaloni civili. Così se ne andarono senza sapere più nulla di loro. Ricordo che il babbo vedendo la trasmissione televisiva condotta da Enzo Tortora ‘Portobello’ avrebbe voluto parteciparvi per avere notizie dei due militari. Rivedendo il babbo, quel giorno fui preso da una grande gioia e assieme la mamma siamo saliti subito dentro la barca abbracciandoci di felicità”.
di Dorigo Vanzolini