– Alessandro Bondi sogna e riesce a far sognare. Riflette e riesce a far riflettere. Partecipa con passione e riesce a far appassionare. Quarant’anni, cattolichino doc (famiglia di marinai da alcune generazioni) con madre tedesca della Baviera, professore di Diritto penale all’università di Urbino, ha rappresentato la grande sorpresa alle elezioni comunali dello scorso 12-13 giugno. Candidato della Coalizione Arcobaleno (Verdi, Comunisti italiani, Italia dei valori e dal movimento Cattolica città per la pace), ha raccolto il 23,59 per cento dei suffragi (con ben 1.000 voti disgiunti ossia votare un’altra coalizione e scrivere il nome di Bondi come sindaco), perdendo la possibilità del ballottaggio con Pietro Pazzaglini (con il quale si è confrontato Carlo Bulletti, lista civica caratterizzata dal centrodestra) per 139 voti.
Qualcuno ha detto: “Un’altra settimana di campagna elettorale e Bondi sarebbe stato conosciuto dai cattolichini e ce l’avrebbe fatta”. La storia non si fa con i se ed i ma: il senno di poi.
Le letture (quasi tutte, con i classici come punto di riferimento) ed il nuoto come passioni, Bondi è di un’umiltà vera: senza fronzoli. A chi gli chiede quali lingue parla, risponde che parlicchia il tedesco, l’inglese, il francese, lo spagnolo. Nel corso della discussione si “scopre” che ha vissuto 7-8 anni in Germania, ospite dell’Università di Monaco (la madre non gli ha mai parlato in tedesco): il mattino lezioni ed il pomeriggio lavorare per mantenersi (cosa che ha sempre fatto durante le estati da studente). E, per risparmiare, si è tolto anche lo sfizio di qualche doccia fredda in terra tedesca. Balza alla mente il prestigioso intellettuale francese Raymond Aron che dopo 5 anni in Gran Bretagna scrive che forse il suo inglese gli permetterebbe una buona comunicazione.
Il libro nel cuore di Bondi raccoglie le poesie di un bambino malato che racconta con gioia le bellezze della vita.
L’uomo è di una eleganza essenziale, di rispetto: indossa la cravatta in pieno agosto e appena fuori dall’ufficialità se la toglie infilandola nella tasca della camicia; per andare ad un appuntamento con l’amico.
Cultura cattolica, approccio laico, fino a pochi mesi prima delle elezioni non aveva mai fatto politica. Dice: “Ero un elettore che cercava un partito senza riuscire a trovarlo. Qualche volta ho messo nell’urna la scheda bianca; nel centrosinistra ritrovo alcuni valori abbastanza forti”. L’avventura politica di Bondi nasce lo scorso novembre. I socialisti cattolichini lo invitano per una conferenza dove si parla di giustizia. Colpisce i presenti.
Ma perché si accetta una candidatura? Spiega: “Non lo so. Ho accettato pensando di non accettare. Ho sentito una bella partecipazione, il piacere di fare, di essere coinvolti. Fino ad allora la mia immagine di Cattolica era a buon mercato; molto vicina a quello che volevo vedere. Vedevo il bello, l’apparenza, forse anche il privilegio, senza cogliere che cosa c’era dietro l’apparenza: il disagio. E quel disagio si è manifestato in questo gruppo di persone”.
Come si conviene ad uno studioso, Bondi ha studiato la storia amministrativa degli ultimi anni di Cattolica come per un esame all’Università. Negli incontri pubblici manifestava un’approfondita conoscenza dei fatti: date, dati, numeri, pro e contro. Ricorda: “Ho affrontato la questione Cattolica come una ricerca universitaria: documentandomi, parlando. Col principio che si deve studiare talmente tanto che a volte quello che si è studiato può non essere mai detto”.
E la politica, cos’è per lei? “Un continuo confronto, ascolto, umiltà. E queste non sono parole d’ordine. La lezione mi è giunta dai miei accademici che ascoltavano un ragazzo con grande curiosità. Questo è stato il filo conduttore del mio percorso cattolichino in campagna elettorale”.
E la cultura? “Lo studio non deve restare nel mondo delle idee ma deve essere usato nella realtà di tutti i giorni: le idee bussano alla porta e chiedono di entrare nella vita”.