– Angelo Chiaretti è uno tra i massimi storici di fatti locali. L’ultimo suo lavoro è un’associazione di idee ardita quanto appassionata. Ha avanzato delle ipotesi sugli autori della cosiddetta cassa dotale di Isotta degli Atti. Introduzione storica di Alessandro Agnoletti, si intitola: “Un tesoro di Montegridolfo: la cassa dotale di Isotta degli Atti”.
I fatti. Nel 1918 Gerola trova presso il parroco di Montegridolfo una cassa di raffinata fattura. Venne acquistata dal Museo Nazionale di Ravenna. Nel 1924, grazie all’interessamento di Corrado Ricci, viene depositata al Museo Comunale di Rimini. L’esperto Gregori la data attorno alla metà del XV secolo e come scuola veneta.
Ma come mai il contenitore si trovava a Montegridolfo. A parere di Chiaretti perché Filippo de’ Gridolfi, signore di Montegridolfo (da qui il nome del paese) è consigliere a Rimini di Sigismondo Pandolfo Malatesta. Questi muore e Filippo riesce ad ottenere il “compromettente” mobile.
Compiuta questa associazione, Chiaretti ne fa un’altra. Le figure (cerbiatto, cane mastino, pellicani, cerbiatto) della preziosa cassa potrebbero essere state scolpite da Matteo de’ Pasti o da Agostino di Duccio. Il primo è un veneto di Verona; il secondo un fiorentino che ebbe alle dipendenze artigiani-artisti veneti e friulani. Entrambi hanno lavorato a Rimini al Tempio Malatestiano e appartengono alla schiera dei grandi della storia dell’arte. Il mobile di Montegridolfo sembra che sia simile a quello che nella chiesa di Saludecio conteneva le spoglie del beato Amato (oggi non ci sono che i resti, delle tavole).
Scrive il professor Chiaretti: “A questo punto, che si tratti di Matteo de’ Pasti o di Agostino di Duccio, una cosa è certa: attraverso la cassa di Montegridolfo essi si arricchiscono di un’ulteriore paternità e contemporaneamente forniscono al mondo, malatestiano e non, risposte a domande che da oltre cinque secoli le attendevano!”.