– “A metà anni ’90 ad un corso, ‘Futura: donne in politica’, avevamo 80-90 iscritte. Al momento delle elezioni chiedemmo loro chi si volesse impegnare e fu il deserto”.
L’aneddoto è di Clara Ermeti. Riccionese, ex assessore repubblicano, oggi nel centrosinistra, da sempre in politica. Che continua: “Non ci si impegna non per maschilismo ma per ragioni di tempi. La donna ha la famiglia, ha il marito, i figli. Dunque: come farebbe? Però è pronta ad interessarsi alla cultura, alla comunicazione ed a progetti specifici. Purtroppo, ci sono sempre meno donne in politica ma anche meno giovani più in generale”.
Catherine Grelli, 27 anni, Pdci, assessore provinciale: “Le donne in politica sono poche; è un ambiente molto ostile. Ci sono ancora grossi pregiudizi, forse più nei partiti che nei cittadini. Inoltre, è scoraggiante perché non si concilia con lavoro e famiglia. In questo io sono favorita dalla mia età, che mi lascia una certa disponibilità di tempo. Il rammarico grosso è che questa presenza limitata impoverisce la politica in genere, perché le diverse sensibilità che hanno le donne per alcuni temi, sono messe in un angolo e ci si deve adattare al modo di fare politica del gruppo più presente e ancora dominante”.
Maura Tasini, 33 anni, Pri, assessore a San Giovanni: “E’ poco il tempo a disposizione se si lavora e si ha una famiglia. Per questo la presenza femminile continua ad essere bassa. Credo inoltre che ci sia ancora una sorta di pregiudizio, anche se qualcosa sta cambiando in meglio. Quando mi è stato chiesto di presentarmi in lista, sono stata ben contenta di impegnarmi in questa avventura, anche per la mia età, ma è evidente che se una donna deve mandare avanti una famiglia e lavorare, il tempo a disposizione per la politica o per altri hobby è pochissimo”.
Ivonne Crescentini, Ds, sindaco di Coriano: “E’ difficilissimo conciliare lavoro, famiglia e politica. E’ un grosso sacrificio personale per chi decide di impegnarsi nella cosa pubblica. Una mancanza che impoverisce il dibattito politico nel suo complesso. Qualcosa si muove da qualche anno, ma rimangono anche discriminazioni verso il mondo femminile, anche se questo rappresenta la maggioranza della popolazione”.
Donne e politica, un binomio difficile da sempre. Mentre a livello nazionale già partono proposte di legge per riservare alle donne parte dei candidati nelle varie elezioni (Forza Italia ha avanzato il 50%) ed altri partiti hanno già per statuto una parte obbligatoria per le donne (soprattutto a sinistra, Prc, PdCi e Ds), nei fatti, cioè nelle elezioni, non sono molte le donne che assumono incarichi pubblici. Qualcosa si muove rispetto ai primi anni del dopoguerra, ma una parità di tipo scandinavo (in Norvegia le donne sono il 46% delle elette al parlamento) è ben lontana.
Saranno stati i lavori di casa un tempo, i figli da accudire e il lavoro oggi, ma non sono molte le donne che hanno ricoperto ruoli. Da un decennio la presenza in giunte o consigli è strutturale, ma alcuni Comuni non hanno donne in giunta (Montescudo, Morciano, San Clemente).
E’ dall’80 che si intravede una discreta presenza femminile (anche se si sta parlando di nemmeno il 9% degli eletti), ma per raggiungere una presenza che superi il 15% bisogna arrivare agli anni ’90.
Nel dopoguerra la presenza femminile era proprio misera, anche se è del ’49 la prima donna sindaco di Riccione (Giulia Galli, Psi, che entrò a sostituzione di Gianni Quondamatteo, dopo una brevissima parentesi di Augusto Saponi). Oltre a Giulia Galli, anche un assessore a Cattolica, Bruna Giommi (Pci) e 5 consiglieri (2 a Coriano, 1 a Torriana, 1 a Mondaino e 1 a Riccione).
Nelle elezioni successive del ’51, solo due consiglieri donne (a Riccione e a Misano) e un’assessore, Malvina Pasi, in carica solo 2 mesi.
Gli anni seguenti pochi miglioramenti: 4 assessori nel ’56 (alcune per pochi mesi), addirittura 1 sola nel ’60 (Agenore Ferretti, Psi). Stessa musica nel ’64, anche se a Santarcangelo venne nominata sindaco Giordana Ricci (Psiup), in carica fino al ’68, prima donna che ottenne l’incarico dall’inizio della legislatura.
Peggio nel ’70, una sola donna assessore supplente (Lorenza Del Baldo, Pci, a Cattolica) e solo cinque consiglieri (due a Riccione, due a Rimini, una a Misano).
Dal ’75 qualcosa si muove, con un sindaco (Liviana Cannini a San Clemente, dal ’77), sei assessori e 13 consiglieri (più i sei assessori che erano anche consiglieri all’epoca).
Da quella legislatura, ci sarà almeno una donna sindaco fino ai giorni nostri. Nella legislatura ’90 – ’95 furono 3 le donne sindaco: Rosanna Mastrogiuseppe a Mondaino (Dc), Liviana Cannini (Pci, dal ’93 al ’95 sindaco di San Clemente), Maria Cristina Garattoni, riconfermata a Santarcangelo. Mastrogiuseppe e Garattoni sono state le prime donne a rimanere in carica per tutta la durata di una legislatura.
Con la riforma elettorale e l’elezione diretta del sindaco, le prime donne ad essere elette furono sempre la Mastrogiuseppe a Mondaino e Ivonne Crescentini (Pds) a Coriano, poi confermata anche nel 1999, facendo di Coriano uno dei comuni più favorevoli alla partecipazione femminile: oltre al sindaco, un assessore e, fuori dall’amministrazione, due capiarea su tre sono donne. Anche il segretario Ds è donna: Melelia Maltoni, ex consigliere comunale. Curiosità: proviene da Coriano anche il presidente dell’Avis provinciale, Rossana Bracci.
Non ci sono Comuni particolarmente meritori nei confronti delle donne: si può notare una partecipazione più ampia nei medi e grosse dimensioni (anche se Rimini non è felice in questa classifica).
Negli ultimi anni, oltre Coriano, bene San Giovanni (tre assessori nell’ultima legislatura su sette), Riccione (dodici consiglieri, anche se non continuativi), Bellaria e Torriana, con tre assessori.
Un Comune decisamente “maschilista” è Montescudo: dal ’46 nessuna donna ha mai ricoperto incarichi in giunta, e sono appena nove (sei nelle ultime legislature, a onor del vero) i consiglieri donna.
di Lorenzo Silvagni