– Chi segue la politica locale e ha buona memoria, ricorderà che all’indomani della sconfitta del centrosinistra alle elezioni nazionali, e mentre si attendeva il ballottaggio che portò alla seconda elezione di Alberto Ravaioli al Comune di Rimini, Nando Fabbri, già presidente della Provincia, e come sempre elemento di spicco dei Ds, ipotizzò e caldeggiò l’apparentamento, e quindi l’ingresso in coalizione, di Rifondazione Comunista.
Col senno di poi, si può dire che il suo consueto occhio lungo fosse già partito per vedere prima come sarebbe andato un eventuale suo apparentamento coi bertinottiani.
Fabbri insomma ha guardato a quell’apparentamento come ad un banco di prova per quella che ora è diventata la grande coalizione che lo sosterrà alla (quasi scontata) rielezione a presidente della Provincia. Lungimiranza dunque, ma anche un’ottima capacità di adattamento, che il presidente uscente ha dimostrato: è riuscito a controllare alla perfezione, infatti, lo spostamento strategico di un suo assessore, Massimo Foschi, uno che di voti ne porta, dalla fedele Margherita all’ostica e neonata Alleanza Popolare-Udeur.
Senza tanti clamori Fabbri ha intavolato una trattativa con loro e li ha riportati dentro la coalizione che lo sostiene. Mai quanto questa volta una grande coalizione, che va appunto da Rifondazione ai ‘mastelliani’. Come è stato possibile? Gli elementi sono diversi. In primis il grande prestigio e peso politico che Fabbri ha dentro i Ds. C’è poco da nascondere: è uno dei maggiorenti del partito, come ha dimostrato anche al momento della campagna elettorale per il Ravaioli bis. Ha quindi deciso di ricandidarsi e nessuno ha detto nulla. Nessuno si è permesso. La federazione ha subito ratificato. Sia perché sarebbe stato da pazzi mettere i bastoni tra le “zampe” di un purosangue come lui, sia perché le ripercussioni interne al partito sarebbero state fortissime per chiunque ci avesse provato.
Secondo elemento, oltre che dentro i Ds, Fabbri ha saputo costruire ottimi rapporti anche con tutti gli altri partiti della coalizione. All’interno della giunta il fortissimo asse col suo vice, Maurizio Taormina, uno dei due uomini forti della Margherita, gli ha consentito un dialogo senza intoppi anche col centro della coalizione, visto, per di più, che anche Taormina sarà confermato alla vicepresidenza.
Non è casuale, a questo punto, neppure l’ingresso in giunta, a metà legislatura, di Cesarino Romani: ora che hanno un assessore pur in assenza di un consigliere, i Verdi faranno fatica a negare il loro sostegno a Fabbri, che pure già ce l’aveva alle scorse elezioni.
Quanto ai Comunisti Italiani, non possono dimenticare che ad inizio legislatura il presidente preferì una di loro, la giovanissima Catherine Grelli, appunto ad un verde, per un’assessorato.
Qualche problema in più l’ha richiesto Rifondazione comunista. Il precedente dell’ingresso in giunta a Rimini, come detto, ha giocato a favore di Fabbri. Ma non è stato sufficiente. Il segretario del Prc Paolo Gambuti è un uomo tutto d’un pezzo: prima dell’accordo ha preteso garanzie, garanzie politiche e programmatiche, ben precise e nero su bianco. Non solo: ha detto chiaramente che se si chiedeva l’apporto di Rifondazione solo dove era numericamente necessario, saltava tutto. E ha tenuto botta fino alla fine: l’accordo c’è stato quando sono arrivate le garanzie. Confermando, tra l’altro, Rimini, come un interessante laboratorio per la politica del centrosinistra a livello nazionale.
Tutto perfetto insomma? Beh Fabbri avrebbe potuto portare dalla sua parte anche i Riformisti. Adriana Neri e Giuliano Novelli uscivano dalla sua maggioranza, e forse non sarebbe stato così impossibile cooptare anche Alberto Gnoli. Ma pare difficile ad ora pensare che questo costerà a Fabbri l’elezione al primo turno, anche se il candidato di Fi Giuliano Giulianini ci spera molto.
Altro errorino, il coinvolgimento nel “pasticciaccio brutto” (direbbe Gadda) delle primarie a Bellaria, il cui vincitore non sarà candidato a sindaco. “Radio Ds” dice che la cosa ha dato molto fastidio “al nostro”, ma anche questo non dovrebbe avere ripercussioni elettorali.
Conclusione, in un panorama (locale e nazionale) in cui il centrosinistra fa parlare di sé solo per le divisioni interne (paradigmatico l’esempio di Cattolica) Fabbri emerge come una delle menti politiche più lucide e lungimiranti. Così lungimirante che la domanda è già: cosa vorrà fare tra cinque anni, quando non sarà nuovamente rieleggibile in Provincia?
di Francesco Pagnini