– Agli inizi del secolo scorso, di lavoro ce n’era poco e bisognava associare più lavori per poter guadagnare la giornata. Le varie attività iniziavano in primavera con le nasse (specie di gabbie di legno per catturare le seppie) e le reti da posta per le seppie. I gabiccesi praticavano anche la pesca del ‘cogollo’, del ‘saltarel’, tipi di pesca con reti costiere praticate da tre/quattro persone. Coloro che calavano i ‘cugoll’ erano note famiglie di Gabicce, come ‘Scavlén’ (Della Biancia) e i Michelini ‘Murot’. Altra pesca con rete costiera era la ‘tratta’ praticata da ‘Vito’ e ‘Pepo’ Gaudenzi, i ‘Ciafagna’.
Il ‘saltarel’ (saltarello) quando c’era la bassa marea bisognava abbassarlo e invece alzarlo con l’alta marea; quando si pescava molto pesce il più delle volte si dormiva sulla barca, poiché data la quantità del pesce ed essendo troppo ammassato, non riusciva da solo a saltare nella cavità della rete, così i pescatori ne agevolavano l’operazione.
Si faceva anche la pesca dei ‘calcinelli’ (piccole conchiglie bivalve) con un apposito attrezzo, la ‘tratta’, rete che si calava in mare a semicerchio con un piccolo battello o a piedi, poi si tiravano i due capi dalla spiaggia. Questo tipo di pesca era praticata anche da Nando d’Balestrieri, la pesca con la bilancia ‘luserna’ nel porto era esercitata da Luigi Carabini ‘Spadini’, Nando d’Balestrieri, Carlo Caldari ‘Bigiari’, Leonardi ‘Siviotti’, Ercoles ‘d’Macaron’ d’la Catolga. Poi c’era Guerrino Piemonti ‘Sghin’, che pescava le palamidi (parangali) e li ‘nass’ nel porto, per prendere le anguille ‘bisat’. Generalmente erano i mesi di ottobre e novembre e come si è detto era un modo per arrotondare il ricavato derivato da altre attività. Una di queste altre era la raccolta della ‘sabbia rossa’ effettuata dal fratelli Michelini ‘Murot’ che facevano anche la corda, pescavano le nasse e pescavano in mare con le loro barche.
I Michelini raccoglievano questa sabbia rossa e l’accantonavano sulla spiaggia riparandola dal vento con dei sassi; c’era anche il rischio che il vento forte la spazzasse via, perciò alle volte occorreva anche più di una settimana per fare il carico riuscendo ad effettuarne numerosi mucchi. Poi con un carro trainato dai buoi, veniva trasportata al deposito in nella zona dell’attuale Hotel Valbruna, e da qui veniva trasportata alla stazione ferroviaria per essere caricata sul vagone. Questo tipo di sabbia serviva per fare le ‘mole’ per affilare gli utensili da taglio e per levigare i vetri.
Poi sempre sulla spiaggia lavorava Marino Del Chierico che faceva i ciottoli (cogle) per il ciottolato delle strade. Andava giù sottomonte a trovare i sassi più utilizzabili, prima li spezzava con una mazza e poi li squadrava e li perfezionava con un apposito martello più piccolo. Questi sassi venivano preparati in primavera, e in estate venivano caricati sulle barche per essere trasportati al porto di Cattolica. L’ultimo esempio è stato ‘Bayon’ (Tamburini di Fiorenzuola di Focara) che trasportava da sotto il monte anche la ghiaia ‘breccia’; faceva grossi mucchi sulla banchina di Levante del porto di Cattolica presso un loro capanno dalla parte di Gabicce.
Un altro noto trasportatore di ghiaia o di sassi fu Carlo Filippini ‘Cangìn’, prima con la barca a vela, muovendosi in bonaccia con un particolare lungo remo munito al piede della pala di due ben visibili speroni. L’uso di questo remo veniva definito nel gergo marinaro ‘parare’. Poi motorizzò l’imbarcazione per rendere più agevole e rapido il trasporto. I marinai di queste barche (sassaioli), gettavano l’àncora in prossimità della battigia, poi mettevano tra la spiaggia e la barca, una passerella sorretta da un ‘cavalletto’ e con una barella trasportavano il materiale dalla spiaggia alla barca; passando sopra a questa passerella caricavano i sassi. Li raccoglievano anche sott’acqua, in apnea e nudi, poi li tiravano su con un rudimentale argano (come risulta dalla fotografia a lato), alla maniera dei pescatori di ostriche. Questi sassi servivano per l’edilizia, come pure la sabbia raccolta sul lido del mare; molte costruzioni ancora oggi esistenti sono state edificate con questi materiali. Un esempio è la villa ‘d’Remig’ (Berti) e tutte le vecchie case di Gabicce .
Anche i Michelini quando tornavano dalla pesca, se avevano un po’ di tempo, lo impiegavano nel trasferimento di questo materiale con le loro battelline, fino al luogo dove c’erano i carrettieri con i cavalli, che poi lo trasportavano nei cantieri di costruzione. Un caratteristico tipo di ghiaia fine che veniva prelevato sottomonte era il ‘pilo’ utilizzato per il ‘bitume’, poi c’era la ghiaia più grossa che unitamente alle valve delle vongole (co-cle), venivano usate come fondo stradale.
di Sebastiano Mascilongo e Dorigo Vanzolini