Era un insieme di fortificazioni che dall’altro mare iniziava nel settore occidentale dell’Italia, ove era maggiore l’impegno teutonico, fino nell’Italia centrale ove la linea correva lungo le pendici meridionali dell’Appennino di fronte ai passi montani. Ognuno di questi, come scrive Amedeo Montemaggi nel suo “The Gothic Line”, era munito di difese di vario genere. Il passo più difeso era quello della Futa, protetto con fossati anticarro, con le casematte in calcestruzzo e con le torrette da carro armato.
Nelle nostre zone non erano ancora compiuti i lavori di difesa quando arrivò il fronte angloamericano.
Per contrastare la minaccia di uno sbarco alleato la linea difensiva tedesca arrivava anche sulla nostra costa Adriatica tra Pesaro e Cattolica con un sistema di fortificazioni lungo le pendici. Alcune di queste fortificazioni sono ancora esistenti nelle spallate lato mare del Monte di Gabicce e del Monte Vici a Cattolica.
L’idea di questa linea di difesa partiva dall’Alto Comando tedesco, alcuni dicono direttamente da Hitler.
Come riporta il Montemaggi nelle sue ricerche sulla linea gotica, questa doveva richiamarsi ai Goti per dare il nome alla “Goten Linie” in quanto intendeva che al sistema difensivo doveva darsi anche un significato forse sacrale di un impegno decisivo che doveva attingere dagli antichi antenati ove trovare le più gloriose radici della storia e del mito.
Quella che partiva dalle nostre zone era un corridoio zeppo di difese, anche se incompiuto.
Era pieno di campi minati. Erano stati scavati più di 3.600 rifugi e ricoveri con 27 caverne piene di armi di difesa, come riporta il Montemaggi.
Vi erano più di duemila nidi di mitragliatrice e quasi cinquecento postazioni di cannoni anticarro.
Avevano predisposto più di 16.000 postazioni di tiratori scelti sugli alberi, più di 70 mila mine anticarro, più di 23 mila mine antiuomo.
Tutte queste strutture di difesa bellica erano state realizzate con il lavoro coatto degli uomini che rastrellavano, oltre agli operai assunti dalla ditta Todt.