– Un irruente: come il luogo comune vuole che sia la cultura ed il carattere romagnolo. E per certi versi Giordano Leardini, babbo riminese e madre, Erice Villa, morcianese doc, lo è. Le parole non le alleggerisce e non le manda a dire: semplicemente taglia e cuce senza tanti fronzoli.
Invece, la sua pittura è più lieve e più armonica dei paesaggi romagnoli che mette sulla tela. Insomma, non dipinge quello che vede, ma quello che vede più le sue sensazioni.
Sposato, un figlio, per trent’anni divertente commesso alla Mofa, “tirato su a piadina e fagioli, come ama affermare, Leardini è un autodidatta. Ha iniziato a dipingere nel ’70, sui trent’anni’. Era una sera d’inverno, con la neve. Ricorda: “Avevo dei pennelli che spostavo da un postoa all’altro. Sui un cartone telato dipinsi due onde, con colori forti, potenti. Preso dal sangue romagnolo, mette il colore anche nelle nevicate”.
I soggetti di Leardini sono paesaggi urbani e paesaggi. Leardini: “Io amo la natura e la sogno, con spazi liberi ed incontaminati. Se si continua così, prima o poi, la natura si ribella e lo distrugge, l’uomo. Non mette nelle mie tele gli essere umani, perché bisogna amarli”. E ancora: “I miei colori sono le nostre radici. Ora è tutto cemento, mentre io vado alla ricerca di casolari scrostati, cieli imbronciati, come il mio carattere. Che possano comunicare alla mente ed allo spirito il dolore della natura”.
Da buon morcianese va orgoglioso del fatto che nel ’95, un suo quadro fu preso come soggetto del manifesto della Fiera di San Gregorio.
I suoi lavori si possono osservare al Caffè Roma fino al 15 febbraio.