dispiegati ai suoi piedi ed esso ha i mezzi un tempo neppure immaginabile per sfruttare ogni tipo di risorsa e accumulare le più enormi ricchezze.
A suo piacere scava il sottosuolo, coltiva la superficie, solca i cieli, popola ogni angolo del globo, assoggetta la materia a bisogni cui non pone alcun limite, sviluppa le scienze e le tecniche così da superare ogni giorno i confini raggiunti in quello precedente, la medicina fa intravedere la possibilità di prolungare notevolmente la vita di quanti saranno in condizione di accedere ai suoi benefici sfidando la regola – che sembrava invalicabile – dell’uguaglianza di tutti quanto meno di fronte alla morte.
Tutto ciò fa sì che l’uomo sia giunto a nutrire un senso della propria potenza che ha il sapore dell’onnipotenza. Perché non proviamo a guardare come alla terra una grande distesa, ad ognuno il suo spazio; utopie?
Alla mia età ne ho ancora bisogno e poi credo che un uomo abbia bisogno di utopie. Credo, più dell’ipocrisia, il denaro, il potere non è nei miei sogni.
Ho un amico in Calabria che vive con mille lire al giorno; non è benestante ma lui è felice così, con il suo cane e le piccole cose che la terra gli dona.
Ma oggi il mondo va così. Io stesso ne faccio parte. Quando vado a trovarlo, portandogli qualche cosa, mi dice che non capisco. I punti di vista divergono.
Fino a che non ci sarà più giustizia su questa terra avremo conflitti, distruzioni e morte.
Alcuni giorni fa ero da lui, proprio in occasione dei funerali ai nostri carabinieri. Egli non ha la televisione ma lo sapeva; insieme abbiamo pianto e provato un grande dolore. Sono parte di noi; è come perdere un nostro caro, dicevamo. Ma il loro sacrificio non deve legittimare un intervento sbagliato in quel luogo della terra. Ci porta fantasmi e inquietudine come in una scena teatrale. Ma qui non siamo in un teatro. Chi deve prendere decisioni rifletta bene se questo è il modo giusto per sconfiggere il male. Se è giusto che i figli perdano i loro padri in una causa più grande di noi e per noi e poi ci dica ancora, spieghi. Perché questo conflitto è giusto mentre altri trenta conflitti sparsi per il mondo non fanno parlare? Perché? Ed infine perché un muro è diverso dall’altro? Se si vuole iniziare un processo di pace nel mondo da qui bisogna partire. Primo Levi scrisse che vi sono momenti in cui la diaspora deve ricordare ai fratelli d’Israele l’antica virtù della tolleranza.
Palestinesi ed israeliani sono destinati – non condannati – a convivere, anche in nome di una sostanziale similitudine. Ma le risposte a tutto ciò sono politiche e per noi sono cose troppo grandi.
Tra quelle meravigliose montagne calabresi ci siamo lasciati con la speranza di non dover piangere altre morti, che altri figli non piangano i loro padri. Siamo nelle mani del Signore, ci siamo detti, anche se come sembra in questo momento i suoi rappresentanti sulla terra sono un po’ confusi.
Giorgio Pizzagalli