Il professor Roveri nutre la profonda convinzione che il Partito della Rifondazione Comunista di Cattolica sia “uno sparuto gruppetto” dedito al funesto sport del tiro al centro sinistra. Per rendere più corposa la sua tesi il professore scomoda nientemeno che Max Weber, Lenin e Berlinguer, in un intreccio di epoche e situazioni che, attraverso l’ideologo della borghesia, quello della rivoluzione proletaria e quello del riformismo moderno, pretende indirizzarci un unico messaggio: “siete fuori dalla storia”.
Noi non possediamo né la cultura, né la saccenteria accademica del professore, ma alla giusta posizione di Lenin contro il settarismo di Bordiga, per il fronte unico dei partiti operai contro la minaccia fascista, facciamo fatica ad associare la nefasta scelta di Berlinguer, dopo il golpe di Pinochet, di far ingoiare la politica dell’austerità e dei sacrifici ai lavoratori italiani. E non capiamo nemmeno cosa c’entri la dittatura militare cilena con l’attuale situazione italiana: di assalti armati alle sedi dei partiti e dei sindacati non ne abbiamo notizia e gli stadi sono pieni di tifosi e non di dissidenti politici sotto il controllo armato dei militari. A meno che la creatività storica del professore non si spinga a paragoni a nostro avviso estremamente pericolosi, perché a dar del fascista a tutto e tutti si rischia poi di non riuscire più a riconoscere i veri sintomi dalle false e pretestuose estremizzazioni.
In un messaggio subliminale celato tra gli insegnamenti di Max Weber, il professore ci suggerisce di sottomettere il nostro spirito rivoluzionario all’etica della responsabilità e di trasformarci in grigi assessori, oppure di persistere nell’etica della convinzione, ma rinchiusi tra le mura di un eremo. Antonio Gramsci dal carcere scriveva: “Credo semplicemente di essere un uomo medio, che ha delle convinzioni profonde e che non le baratta per niente al mondo”. Il professor Roveri cosa gli avrebbe weberianamente suggerito? L’eremo in alternativa al carcere? Noi, in questi decenni di guerra di posizione, abbiamo scelto la via gramsciana, quella della costruzione di casematte, luoghi del conflitto, attraverso i quali sperimentare nuove forme di lotta, fermamente convinti che siano queste e solo queste il vero motore del cambiamento e delle conquiste sociali e politiche. Sin dalle giornate del G8 di Genova abbiamo investito nel movimento, quello della critica alla globalizzazione capitalista e al neoliberismo e, ove é stato possibile, ne abbiamo cercato la traduzione a livello di lotte locali: contro la privatizzazione dell’ospedale, contro i licenziamenti, per la vivibilità dei quartieri, per la trasparenza (a proposito dov’erano allora il professore e la sua coalizione?).
Se non è stato possibile, localmente, raggiungere un accordo elettorale con l’Arcobaleno é stato semplicemente perché dopo una lunga serie di incontri e riunioni (nei quali non abbiamo mai avuto l’onore della presenza illuminante del professore) abbiamo constatato la inconciliabilità dei due progetti politici: noi volevamo costruire un’alternativa al centro sinistra, mentre l’Arcobaleno si accontentava di un nuovo centro sinistra ripulito. Due progetti legittimi, ma diversi e che dovrebbero richiedere uguale considerazione. L’accusare noi di non aver fatto vincere l’Arcobaleno ci sembra irrispettoso della nostra storia, del nostro programma e della nostra autonomia. Del resto, in quanto a sconfitte del centro sinistra, il professor Roveri ha poco da insegnare, visto che é stato capolista di un partito, la lista Di Pietro, che nel 2001 ha permesso la vittoria elettorale di Berlusconi (almeno noi avevamo rotto da un pezzo con l’Ulivo).
In quanto allo “sparuto gruppetto” vogliamo far notare che Rifondazione Comunista a Cattolica rappresenta il terzo partito dopo DS e Forza Italia, con un patrimonio di voti doppio di quello del partito del professore, un consenso alle nostre idee rimasto praticamente inalterato nonostante la lista fantasma del PdCI presente nella coalizione Arcobaleno (in questo caso quale etica ha prevalso, quella dell’acchiappare voti ad ogni costo?). Non capiamo infine il senso, a tre mesi dalla conclusione delle elezioni, di insistere ancora in una inutile polemica. Se é il frutto tardivo di una personale divagazione accademica del professor Roveri, allora con la presente, riteniamo chiusa la questione e rinnoviamo la nostra disponibilità ad individuare temi e percorsi comuni per le future battaglie politiche; ma se il professore parla a nome della coalizione Arcobaleno, esternando un malumore che finora si era limitato a semplici sussurri e battute, allora, non possiamo che trarre le dovute conclusioni: che la voglia di rivalsa polemica ha superato quella propositiva e costruttiva. E, in questo caso, a ognuno la sua strada con le proprie convinzioni e responsabilità.
Rifondazione comunista, Cattolica