– Un bel libro punteggiato da qualche imprecisione (forse troppe, anche se il Premio Nobel per la Medicina, Rita Levi Montalcini, ha intitolato la propria autobiografia “L’elogio dell’imperfezione). Qualche svarioncino: l’assessore Corrado Savoretti diventa “Lavoretti”, Silvagni detto “Silvani”, Cianciosi invece è Cianciasi. Poca cosa però rispetto al corposo contenuto nelle 324 pagine del libro “Dalla Maison du peuple alle Cooperative Case del Popolo”. Sottotitolo: “Riccione e la sua Casa del Popolo” (Raffaelli Editore), presentato prima dello scorso Natale. Prefazione di Gianni Cervetti, presentazione di Mario Masi (l’attuale presidente), il lavoro è stato curato da Rodolfo Francesconi, con la collaborazione di Daniele Montebelli ed Ezio Venturi.
La Casa del Popolo di Riccione è inserita in un contesto storico molto alto: l’Europa (la prima Casa fu fondata in Belgio nel 1882), l’Italia, la Romagna, Rimini.
Attraverso questo libro si racconta il tempo libero e l’impegno politico della classe operaia europea. L’istituzione riccionese è sorta dopo la seconda guerra mondiale, nel ’45. Nelle sue sale hanno parlato politici importanti: Pietro Nenni, Luigi Longo, Giuliano Pajetta, Giuseppe Di Vittorio (che nel ’52 inaugurò la nuova sede).
Corredate da molte immagini, non meno importanti del testo, una delle forze vere di questo libro è un’Italia ed una sinistra che non esistono più. Purtroppo. Fatta di serietà e dalla speranza di una società più giusta. Valori di pochi decenni fa.
di Claudio Saponi