– Cari amici vi scrivo, così vi distraggo un po’, e se nelle follie del calcio vi caccerete più forte vi scriverò .
Se fossi stato presente avrei detto con il vostro consenso due o tre cose, sarò breve.
Le basi socio-culturali, la tolleranza, la solidarietà e in un mondo così strutturato la “competizione”, sono le cose basilari nella formazione di una società e lo sport, con la scuola e uno dei veicoli portanti.
Pensiamo un attimo, a scuola e poi, appena più grandi, ci si impara a conoscere e conoscersi, sui campetti di calcio a competere come gioco, attenti a non farsi male e pronti a dispiacersi se inconsapevolmente uno fa male all’altro oppure come a scuola pronti a fare la spia al compagno di banco di ciò che non sa al momento.
Tutti noi, più o meno ci siamo conosciuti a scuola e poi sui campetti di calcio, o dove “capitava” oppure sui sentieri della Conca, o come qui sulla “costa”, quando uno cadeva ci si fermava e chiedergli se magari si era fatto male, e poi via di nuovo.
Ma inevitabilmente si diventa grandi, la società cambia e noi con essa , la “competizione” diventa profitto e tutto cambia. Molte cose le dimentichiamo perché magari subentra l’egoismo in noi grandi, ma poi i grandi diventano nonni e riparte il ciclo con i nipoti e qui forse torniamo ragazzini e la base culturale che uno ha- la ritrasmetti a loro e credo che questo ritorni ricchezza.
Perché vi dico questo? Come sapete anche avendo due abbonamenti da “sempre”, non ho tempo per venire allo stadio- e una gioia che mi manca. Ma quelle poche volte che ho assistito a qualche partita sono rimasto incuriosito da genitori che inveivano contro l’uno o l’altro per un fallo di gioco sul proprio figlio, senza pensare in quel momento che magari anche l’altro genitore provava dispiacere (la tolleranza dimenticata).
Tutti noi vorremmo che i nostri figli fossero i primi della classe, nello sport, e nella vita, oppure, ci sono quelli come vediamo quotidianamente nella pubblicità televisiva che li vorrebbe biondi con gli occhi azzurri. Per fortuna non si può prevedere il futuro e, ripeto, per “fortuna”.
Sono fermamente convinto del ruolo sociale che voi amici del Real Misano svolgete, anche se a volte parlando con alcune persone dicono che la quota d’iscrizione è un po’ alta.
Io rispondo loro che tenendo in considerazione tutto l’impegno che voi mettete per questi ragazzini, dicono una stupidaggine e che comunque io non ho mai visto uno di voi appartenente alla società del Real Misano “arricchirsi” con il calcio, ma chiedersi invece cosa sarà quando voi inevitabilmente non potrete mettere a disposizione dei nostri figli e nipoti, il vostro tempo. Chi verrà dopo di voi ?
Questo dovrebbero chiedersi. Per ragioni di tempo che immagino voi avrete vorrei finire, con quella meravigliosa giornata, dove allo stadio Santamonica avete coinvolto quei ragazzi portatori di handicap, facendoli assistere dal bordo campo e dove uno di loro diede il calcio d’inizio alla finale del “Torneo Gentilini”.
Per questi ragazzi meno fortunati, anche se alcuni non capivano in quel momento, fu un giorno dove hanno sentito che non erano soli che qualcuno li ama. Un mondo diverso da quello che conoscono, se non i genitori, e che dovrebbe magari ripetersi.
Credo che dovremmo tornare all’antico spirito “Olimpico”, massima espressione sportiva di rispetto e fratellanza. Oggi il mondo va un po’ “così”. Ci interessiamo alla Luna a Marte, ai loro pianeti, chissà se un giorno penseremo ad altro, ad “esempio” alle cose terrene. Ma comunque amici e “presidenza” del Real Misano, grazie a voi quel giorno allo stadio rimarrà per sempre nel mio cuore e non lo dimenticherò mai. Grazie. Un caro saluto.
Giorgio Pizzagalli