– Il palazzo comunale di Morciano è stato incappucciato per essere sottoposto ad un robusto restauro. I lavori sono iniziati dopo la Fiera di San Gregorio.
L’edificio rappresenta tutta la potenza economica, politica e civile della città. Da anni pioveva dentro, da anni si staccavano pezzi di cemento e le mattonelle della parte futurista, da anni sono conficcate nel milionario portone le puntine per gli avvisi (chi lo avrebbe mai fatto a casa propria?). Del suo restauro se ne parla dagli anni Sessanta. Meglio tardi che mai, afferma un vecchio quanto saggio proverbio.
La costruzione dell’attuale palazzo comunale avvenne dopo una discussione durata un quarto di secolo. Ecco che cosa scrisse Aldo Gasperi nella sua tesi di laurea del 1929 dal titolo il Comune di Morciano di Romagna: “Era cosa decorosa, indispensabile, dare a Morciano, centro commerciale di primo ordine, paese ridente ed industriale, una degna sede per la residenza municipale. Ciò aveva rappresentato il voto insoddisfatto di tutte le Pubbliche Amministrazioni succedute al potere in questo quarto di secolo, in quanto, mentre il paese sviluppava e ingrandiva, la Sede Comunale che in regime gerarchico deve emergere, troneggiare, era rimasta invece un’umile casa confinata in una via secondaria. Due anni fa, il problema della Sede Comunale, fu ripreso. Fu dato incarico all’ingegner Eligio Degli Angeli di Cesena, di redigere un progetto definitivo di palazzo, da sopraelevarsi sul mezzo del loggiato, detto ‘pavaglione’, al centro del paese, prospicente la piazza principale. Il progetto, ben congegnato tanto nei suoi elementi tecnici, quanto in quelli finanziari, ha avuto esecuzione da parte di una brava impresa aggiudicatrice dell’appalto, la quale ha già portato ha compimento i lavori e il Comune di Morciano può finalmente avere una sede degna del suo nome e della sua importanza. Le difficoltà di finanziamento non furono poche né facili. Si trattava di trovare sulla piazza la somma di lire 281.000, tale essendo l’importo dell’opera, e stante la impossibilità di ricorrere alle Casse dello stato, chiuse a simili finanziamenti. I due istituti locali che mi piace segnalare a titolo di encomio e cioè: la Cassa Operaia di Previdenza e Risparmio e la Banca Cooperativa Morcianese (l’attuale Banca Popolare Valconca), provvedettero e concessero lire 50.000 ciascuno a titolo di prestito, estinguibile in 10 anni. Per le rimanenti lire 181.000 il problema si presentava imbarazzante, fu allora pensato alla vendita di vecchie catapecchie di proprietà del Comune destinandone il ricavato alle spese di detta costruzione. Fu inoltre preventivata la vendita di 4 vani da adibirsi a negozio, posti al pian terreno del nuovo palazzo, negozi che oltre tutto abbelliranno col tempo il porticato del Palazzo…”.
di Francesco Toti