– Che triste giorno questo venerdì 29 di un luglio affocato di mezza estate! Avrebbe potuto essere una buona giornata del fine settimana lavorativo che pregusta il sabato di leopardiana memoria. Invece no! Due telefonate mi stroncano questa settimanale consuetudine annunciandomi la morte di due amici.
Affatto diversi tra loro e nemmeno si conoscevano.
Di buon mattino mi dicono che Pino (Giuseppe Giulietti), 81 anni, è morto e che domani ci sarà il suo funerale a Crevalcore, ove abitava e dove sarà sepolto. Aveva un anno più di me ed era nato e cresciuto a Cattolica per tutta l’età dell’adolescenza; mi ricordo le scorrazzate, le smarrite e le birichinate per la via della Stornara.
Il corso della vita con i suoi travagli lo aveva portato poi in giro per l’Italia ed anche per il mondo. Era stato in Libano con il contingente di pace italiano, quale responsabile del welfare, ed era poi andato in pensione col grado di colonnello dell’aviazione. Si era stabilito con la famiglia in quella città della cinta felsinea dove avrebbe potuto godere il piacere della vita nell’età del riposo, della lettura, dello studio per diletto, al di fuori di quella necessaria occupazione di lavoro per la patria, che aveva cominciato a diciotto anni.
Ma quel terribile male non è stato così clemente da fare sufficienti sconti. Potrà concedere delle proroghe e così è stato anche per Corrado Casanti, avvocato, il cui studio verrà portato avanti dai due figli. Aveva 68 anni; arriva a Cattolica, per matrimonio, 40 anni fa.
Sul tardi mi giunge infatti la seconda funesta telefonata.
Sembra perfino sorridente Corrado, nella serenità della morte. D’un colpo sono finite le nostre dispute giuridiche sulle interpretazioni dei diversi casi. Non mi racconterai più, con quella vena di ilarità che ti era congeniale, di quando scambiasti le mie scarpe per le tue dopo una improvvisata partita di calcio nell’aia.
Non ci potrai più mostrare con quanta abilità le tue mani, in perfetto sincronismo, facevano sfoggio dell’arte tua paterna appresa nell’età adolescenziale nella preparazione dei “pani”. Ora una bara con raso sul gelido marmo, è il letto. Composto con la nera barba ed i capelli folti appena stempiati, le mani incrociate in un rosario, nell’ultimo vestito scuro, che contrasta con il raso bianco, il mio amico Corrado, più giovane di me di un anno, si avvia a quello che è per tutti il lungo sonno della morte. Non era originario di Cattolica e domani andrà a riposare per sempre in quella sua magnifica terra urbinate che lui tanto amava e che fu patria del duca Federico e di quel Raffaello dal pennello divino.
E’ notte fonda, ma nella strada è ancora un brulicare di persone in questa calura estiva di voci balneanti. Pare che nessuno si accorga della vostra partenza, la vita vuole continuare come ogni giorno, come ogni notte, anche se voi non ci siete più cari amici. Ma io vi ricordo, Vi ricordo per dopo, con il vostro sorriso e la vostra voglia di vivere, di fare, di operare, come diceva il grande cantore iberico ed ancor prima di lui il nostro grande autore del sublime carme “I sepolcri”. Entrambi nella consapevole certezza che resta il ricordo; perché tutto muore. L’uno diceva nella sua lingua che: “Tambièn se muere el mar” = “Muore anche il mare” e l’altro “a egregie cose?. accendono l’urne dei forti”.
Un giorno verrò a trovarvi sui vostri rispettivi Sepolcri.
di Silvio Di Giovanni