C’è ancora fiamma, sopita sotto la cenere, tra i Ds. E le scintille si vedranno, con tutta probabilità, tra pochissimo, in occasione della decisione per le candidature alle prossime elezioni regionali. Una fiamma che non è diventata incendio all’ultimo congresso: per le regionali ci sarà la vera resa dei conti, o finirà di nuovo con un “volemosse bene” dando qualche contentino a ognuno?
All’ultimo congresso s’è vista solo la punta dell’iceberg dello scontento, rispetto al segretario Riziero Santi. Eletto nel 2001 sotto l’egida del potente Maurizio Melucci, Santi pian piano ha cercato di staccarsi da questo suo nume tutelare, dando vita ad iniziative proprie, più o meno riuscite, bisticciando con l’onorevole Sergio Gambini, a sua volta esponente di spicco della Quercia, e pestando qualche buccia di banana nella campagna per le candidature alle ultime amministrative: dal caso Pazzaglini a Cattolica al dietrofront di Ciotti a Morciano.
Risultato, quella tornata elettorale è stata tutt’altro che esaltante. Specie nella zona Sud, dove il partito ha perso percentuali di voti a due cifre a Cattolica, e la guida di due Comuni in Valconca: Montefiore e Saludecio. Tutti nodi mai sciolti, e che prima o poi sarebbero dovuti venire al pettine. Santi ne era ben conscio, e ha perciò cercato alleati là dove c’erano sempre stati i suoi nemici (interni): tra i berlingueriani, che a Rimini valeva a dire i chicchiani.
Operazione perfettamente riuscita, qualcuno dice con la promessa di una candidatura parlamentare per il “professore”, altra cosa che a Gambini dev’essere andata indigesta non poco. Con questa mossa ed una certosina opera diplomatica, Santi è riuscito, nei mesi precedenti al congresso provinciale, ad ottenere una percentuale schiacciante per la mozione Fassino, nella quale erano confluiti Chicchi e i suoi appunto, coi congressi di sezione. Sicché al congresso provinciale è arrivato candidato unico a succedere a sé stesso, e con oltre l’ottanta per cento dei delegati (i reduci della Mussi-Berlinguer si sono attestati su un lusinghiero 19 per cento e alla mozione ambientalista è rimasto l’un per cento scarso).
Ma nonostante la superiorità numerica Santi ha ricevuto molte critiche nel corso della discussione. Ma soprattutto, ha ottenuto solo un 63 per cento di voti per l’elezione a segretario. Ha perso insomma quasi venti punti percentuali della sua stessa mozione, pur non avendo concorrenti.
Lettura: su di lui si sono appuntati tutti i mal di pancia e gli si è voluto dare un messaggio: il segretario sei tu, ma ti controlliamo. E ancora: i nodi veri non sono giunti al pettine.
Va detto che la risposta di Santi non s’è fatta attendere. Il segretario ha iniziato ad agire su due fronti. Politicamente, ha intrapreso un dialogo stretto con gli alleati, soprattutto la Margherita, con cui ha stretto un patto federativo, creando un gruppo unico ulivista in Provincia proprio nei giorni in cui a Roma Prodi litigava con Rutelli. Una mossa che gli ha guadagnato le pagine nazionali dei quotidiani, nonché il plauso di Fassino sul Corsera. Insomma un’operazione d’immagine ben congeniata, cui si aggiungono gli strali contro Hera, inaspettati, e mirati a creare un consenso “sparando sulla croce rossa”.
Tatticamente, invece, Santi sta lavorando per creare una segreteria “snella e operativa”, dice lui. Pare sarà di nove persone, presentate come tecnici. I nomi che per ora trapelano sono quelli del riminese Tonino Bernabè e della riccionese Clara Ermeti. Un tentativo neppure troppo velato per sottrarsi al controllo dei “colonnelli”.
Bisognoso di non crearsi altri nemici, il segretario ha anche proposto di decidere i candidati alle regionali tramite primarie. Ottenendo però il no dei segretari comunali e di zona. Il risultato è che la patata resta in mano a lui, e non gli sarà facile sbucciarsela. E’ noto infatti che il riminese Andrea Gnassi ci terrebbe a fare un terzo mandato in Regione.
Santi dovrà decidere se scontentare lui, ricordandogli la regola non scritta dei Ds che dice che dopo due mandati si deve cedere il posto ad altri, o mettersi contro coloro che, nel partito, specie dalla provincia, gli chiedono di applicarla quella regola non scritta, e gli suggeriscono candidature alternative a Gnassi. Poi vi saranno le partite delle politiche e del Comune di Rimini nel 2006.
Ma intanto, tra queste faide interne, come va il partito? Ha un po’ di alti e bassi. Alle ultime Politiche (2001) ha subito il sorpasso di Fi a Rimini. Forse però si è trattato dell’effetto incrociato di avere un Rutelli a capo del centro-sinistra che ha veicolato tanti voti “interni” alla Margherita e un Berlusconi che alle elezioni politiche tira sempre. In effetti alle ultime amministrative c’è stato il controsorpasso, su Rimini, ma emorragie, appunto, in provincia, anche se a volte i voti sono finiti su liste civiche definibili di sinistra (come l’Arcobaleno a Cattolica). Ma proprio per questo le prossime tornate elettorali potrebbero diventare una prova del nove per Santi: uno zerovirgola in più o in meno potrebbe far sì che la fiamma continui a stare sopita sotto la cenere, o piuttosto a fare scintille che diventano un incendio.
di Francesco Pagnini