– Il filosofo americano Santayana afferma che chi dimentica la propria storia è destinato a ripercorrerla. Forse questa è la ragione per la quale Terzo Maffei è stato l’artefice del Museo della Linea dei Goti 1943-44 e della salvaguardia dei rifugi, dove i civili trovarono riparo. La Provincia di Rimini ha pubblicato il catalogo della raccolta.
– I vëin sö, vengono su – Nel 1944, con l’avvicinarsi dell’estate, apparve sempre più chiaro il pericolo che la zona di Montegridolfo sarebbe diventata campo di battaglia. La gente era ansiosa di sapere come le cose andavano “laggiù”; le voci correvano da uno all’altro: “hanno superato Cas-sino …, i vëin sö …, i va pièn perchè j’usa i canón, lór i dij ch’vèl piö la vita d’un suldèd ch’a ne cént canón: (vengono su …, vanno piano perché usano i cannoni, loro dicono che la vita di un soldato vale più di cento cannoni).
Si era creata l’immagine di un fronte che andava da un mare all’altro e che stava comunque avanzando. Maturò quindi in anticipo la decisione di sfollare o, quantomeno, di costruire rifugi; d’altra parte le opere di difesa che la Todt costruiva lungo la parte sinistra del Foglia facevano pensare a una forte resistenza tedesca, che si sarebbe protratta chissà fino a quando.
Sfollare o costruire rifugi – Alla fine, molte famiglie della parte bassa di Montegridolfo (Ca’ Baldo, Pozze, Trebbio) scelsero di trasferirsi nelle Marche, lasciando tuttavia un uomo a guardia delle case (al Farneto o a Petriano nel cosidetto Fos de’Rraz, fosso dell’Uccello); alcuni trovarono ospitalità in casolari, altri costruirono baracche.
Alcune famiglie del Trebbio e del Botteghino, e molte di San Pietro e del Castello si prepararono al peggio costruendo rifugi nel terreno tufaceo della Cannarecchia e dei Fondoni. Ci furono anche famiglie meno fortunate che scelsero di sfollare là dove la battaglia fu più lunga, come a San Pér, nei pressi di Auditore, o addirittura a Gemmano dove gli scontri furono più cruenti.
Dai ricordi dei testimoni, di chi abbandonò la propria casa e di chi rimase per trasferirsi nei rifugi, traspare una generale rassegnazione, come se si trattasse di eventi necessari che li avvicinavano alla fine della guerra.
I rifugi
Piccoli o grandi, furono ricavati tenendo presente due accorgimenti fondamentali per la si-curezza: furono scelti luoghi bassi che avessero una collina alle spalle e, in particolare, con l’ingresso rivolto al Nord. Così sarebbe stata migliore la protezione dalle bombe, che si presumeva sarebbero arrivate dalla parte degli Alleati, cioè da Sud. Inoltre, un lenzuolo bianco esposto all’esterno indicava che vi erano soltanto civili.
Nella pianta pubblicata nella seconda pagina è stata ricostruita la dislocazione dei rifugi a Montegridolfo, utilizzando una carta militare italiana che fu ristampata dai tedeschi nel ’44; secondo le te-stimonianze locali, ne sono stati individuati 11; i triangoli al di sopra dei contrassegni indicano il numero delle gallerie (da 1 a 3); ogni rifugio è contrassegnato da un numero con l’aggiunta del nome di chi lo fece e del proprietario del terreno.
Nella Cannarecchia e nei Fondoni ne furono fatti 8: nr 1 Scattolari-Ceci, nr 2 Don Mainardi Luigi, nr 3 Forlani-Longhi, nr 4 D’Andrea Maria, nr 5 Bertuc-cioli-Ricci, nr 6 Mulazzani-Uguccioni, nr 7 fratelli Tasini, nr 8 Lazzari Guido, nr 9 Facondini Dino; nr 10 Staccoli Francesco, nr 11 fratelli Romani.
Dal numero 1 al numero 7 nonché il numero 11, di-slocati nella parte alta di Montegridolfo, furono scavati nel tufo. Gli altri tre furono fatti nella parte bassa: i numeri 9 e 10 erano delle buche nel terreno ricoperte di legname e terra; il numero 8 fu ricavato sotto un pagliaio, dove si rifugiarono anche gli uo-mini delle Pozze rimasti a guardia delle case.
Recupero
Grazie al sostegno della Provincia di Rimini e della Regione Emilia-Romagna, sono stati effettuati lavori per il recupero di due rifugi, del numero 1, detto di Scattolari-Ceci, e del numero 6, detto di Mulazzani-Uguccioni. Oggi è possibile, su prenotazione, abbinare la visita al Museo con una visita guidata ai due rifugi, ammirando un ambiente naturalistico non comune.
Rifugio nr 1, detto di Scattolari-Ceci
Aveva 3 gallerie, due delle quali erano comunicanti. Due ingressi sono crollati a causa delle intemperie che hanno provocato il cedimento dello strato di tufo soprastante. Vi lavorarono Scattolari Vincio, Mag-giolini Luigi e Galli Amato con i figli Virgilio e Alfeo. I lavori proseguirono per circa quattro mesi. Vi si rifugiarono fino a 30 persone tra il 28 agosto e il 4 settembre 1944.
Rifugio nr 6, detto di Mulazzani-Uguccioni
Aveva 3 gallerie con 2 entrate. Il crollo dello strato di tufo soprastante ha ridotto in gran parte la pro-fondità delle gallerie, una delle quali è quasi scom-parsa. Gli ingressi si trovavano circa tre metri più avanti rispetto alle attuali bocche.
Fu scavato nel pendio del terreno dei fratelli Uguccioni Arturo e Giuseppe, ma fu detto anche di Mulazzani Augusto perché questi fornì gli attrezzi della sua impresa necessari allo scavo. Vi lavorarono in molti; diressero i lavori lo stesso Mulazzani, Ferrini Mario e Boschi Luigi. Fu occupato dai civili per oltre una settimana e, nei giorni cruciali della battaglia, contenne circa 90 persone. Davanti al rifugio erano state allestite le cucine con foconi e tegami.
Catalogo del Museo della Linea dei Goti 1943-44
Il catalogo è stato redatto da Terzo Maffei ed è stato pubblicato, in una pregiata veste tipografica, dalla Provincia di Rimini che ha inserito il nostro Museo nel proprio Sistema Museale. Una prefazione, autorevole e puntuale, dell’Assessore Provinciale alla Cultura, Marcella Bondoni, indica nel Museo della Linea dei Goti un caso esemplare tra le interessanti realtà museali che si propongono, come veri e propri archivi del vissuto, di valorizzare il deposito delle memorie locali.
Il volume si compone di 120 pagine; testi e illustrazioni sono un utile compendio alla visita del Museo.
L’impianto del volume
L’esigenza di offrire al lettore un libro facilmente fruibile è stata soddisfatta con alcuni accorgimenti elementari, primo fra tutti quello di presentare ogni immagine vicino al testo che la elenca o la descrive, molto spesso nella pagina di fianco.
Per la riproduzione dei reperti è stata privilegiata la dimensione a scapito della quantità; meno figure, ma più grandi.
Inoltre, per rendere agevole la lettura del quadro storico, che normalmente annovera pochi lettori, si è preferita una presentazione divisa in brevi capitoli; questi trovano tuttavia rimandi nel quadro cronologico generale; con ciò è stata focalizzata la centralità, sotto gli aspetti strategico e militare, della Linea Gotica o, meglio, della Linea dei Goti, come noi indichiamo e come inizialmente fu detta la linea di difesa tedesca tra il Tirreno e l’Adriatico.
Alla presentazione delle varie categorie di reperti (cimeli, armi, fotografie, modelli militari, propaganda, giornali) si sono fatte precedere le note introduttive che offrono utili elementi di base per la conoscenza.
Si è peraltro cercato di soddisfare gli standard di qualità fornendo una descrizione rigorosa ed uniforme dei reperti, soprattutto per quanto riguarda la parte cartacea, dove sono stati riportati tutti i dati necessari ad identificare anche varianti repertali.
Uno sguardo al futuro
Con questo catalogo, l’immagine del Museo della Linea dei Goti compie un deciso salto di qualità; tuttavia, come tutti musei, anche il nostro può vivere soltanto crescendo in qualità e quantità dell’offerta.
Sono passati soltanto tre anni dalla sua inaugurazione, già nuove contribuzioni lo hanno arricchito, in particolare per quanto riguarda le armi; infatti, grazie alla preziosa collaborazione del Dr. Daniele Diotallevi, nostro conserva-tore delle armi, a tutt’oggi le dotazioni per concessione ministeriale hanno consentito di allestire due vetrine blindate; altri reperti sono in arrivo per una terza vetrina; anche per i settori della propaganda e della stampa è stata preannunciato un altro cospicuo conferimento.
Alle autorità preposte è stata quindi avanzata una richiesta di massima per l’ampliamento del Museo; richiesta confortata dalla buona affluenza di visitatori e dall’interesse che molti di loro ci manifestano anche con annotazioni sull’albo dei visitatori o scrivendoci.