RIMINI – “Sono qui per dichiarare chiusa la guerra della piadina”. Con queste parole il Ministro delle Politiche Agricole, Gianni Alemanno, martedì scorso al Grand Hotel di Rimini ha chiuso una vicenda che si trascinava da quasi due anni: la richiesta di IGP per la piadina. Romagnola? Riminese? La soluzione adottata soddisfa tutti e fa ben sperare per un buon esito a Bruxelles. Erano presenti anche l’Assessore regionale all’Agricoltura Guido Tampieri, l’Assessore provinciale Mauro Morri, i rappresentanti di CNA e Confartigianato – Davide Ortalli e Piero Urbinati – e quelli delle Associazioni dei produttori – Luigi Bravi e Maurizio Mondaini.
In sostanza le richieste di IGP saranno due: una per la “piadina romagnola riminese” e uno per la “piadina delle terre di Romagna”. La differenza sta nelle dimensioni e nei processi produttivi. La “romagnola riminese” è alta 2-3 milllimetri e larga 23-30 centimentri, quella delle “terre di Romagna” è alta da 4 millimetri a 1 centimetro e larga fino a 15 centimetri; di conseguenza, diversi sono i tempi di cottura ed i macchinari impiegati. Entrambi i tipi potranno essere prodotti da tutte le aziende romagnole.
Commenta Guido Tampieri, Assessore regionale all’Agricoltura: “Una soluzione intelligente che ci ha evitato di fare la fine dei polli di Renzo”. Guido Bravi, presidente dell’Associazione Piadina Romagnola IGP, si dice fiducioso sui tempi dell’approvazione da parte di Bruxelles: di solito arriva entro sette-otto mesi.