IN RICORDO
Enrico Tanelli è morto lo scorso 3 novembre mentre giocava a tennis con l’amico Gerboni.
L’orazione funebre dell’amico Giuseppe Prioli, segretario Ds di Cattolica.
– “Tocca a me esprimere il grande dolore per la scomparsa del nostro caro amico e compagno Enrico Tanelli, insieme all’orgoglio dei Democratici di Sinistra per averlo avuto nelle sue file, militante appassionato e generoso.
Ma sento anche il triste privilegio di dare voce al cordoglio dei tanti amici, affranti e increduli per una scomparsa così improvvisa; e, più in generale, alla profonda commozione che, in queste ore, ha percorso Cattolica, la sua amata città, dove moltissimi sono coloro che lo hanno conosciuto, apprezzato e stimato.
Alla moglie Lina; ai suoi adorati ragazzi Alberto ed Eleonora; alla madre Candida; alle sorelle Anuska e Laila; a tutti gli altri famigliari, va il nostro fraterno abbraccio e la nostra affettuosa solidarietà.
Ci sono uomini che diventano protagonisti del proprio tempo perché assumono un qualche ruolo da protagonisti nella vita pubblica. Altri, invece, riescono a diventarlo senza bisogno di porsi al centro della scena; ma arricchendo di esempio e di valori positivi la propria dimensione esistenziale, la propria attività professionale, il proprio modo di vivere gli affetti e le relazioni umane. Così ha saputo essere Enrico, nella sua purtroppo breve vita.
I compagni che hanno qualche anno più di me, ricordano un giovanissimo ed entusiasta militante prima, e poi dirigente della Federazione Giovanile Comunista (sia di Cattolica che a livello provinciale), particolarmente impegnato sul fronte delle battaglie sociali e delle lotte studentesche. Un ragazzo gentile ma determinato; serio e sognatore come sapevano esserlo i giovani leader di quel tempo.
Quegli anni fecondi (ancora pieni degli echi del ’68, così carichi di passione civile e di impegno propositivo) hanno dunque costituito non solo la palestra della sua passione politica, ma anche un’occasione irripetibile per la sua formazione personale. Ed hanno regalato, a lui come a tanti altri giovani di sinistra di quella generazione, il privilegio di poter vivere una stagione di grandi ideali, che alimentavano la speranza (anzi, la certezza) che un mondo nuovo e migliore fosse ormai dietro l’angolo.
Quella grande fiammata non ha certamente mancato di produrre cambiamenti e conquiste, politiche e civili. Ma il prosieguo delle vicende, italiane e mondiali, si è però incaricato di trasformare non poche di quelle generose illusioni in altrettante delusioni; la cui intensità era direttamente proporzionale a quella delle speranze che si vedevano sfumare.
Ci fu allora chi si arrese, abbandonando il campo per lasciarsi conquistare da quel conformismo che pure aveva combattuto. O chi, al contrario, si rifugiò in un estremismo sempre più esasperato e sterile. Altri, come Enrico accettarono la sfida di dare concretezza e continuità a quelle tensioni ideali, dimostrando che le passioni, anche quando non vengono più gridate; possono rimanere ugualmente grandi e radicarsi nella sensibilità sociale e nella dimensione etica con cui si vivono la famiglia, il lavoro, gli affetti e le relazioni umane.
Vorrei qui ricordarlo con l’entusiasmo che ho visto nel suo sguardo lunedì scorso, l’ultima volta che ci siamo incontrati, insieme a Mirko, per parlare di un progetto che ad Enrico stava particolarmente a cuore e nel quale si era particolarmente impegnato, un progetto che è rivolto alla realizzazione di un Parco che comprenda l’asta fluviale del fiume Conca, tramite la riqualificazione e valorizzazione ambientale dei territori interessati.
Il suo sogno era quello di rendere partecipi i vari comuni coinvolti dal passaggio di questo fiume, in un percorso che portasse a vivere anche questi angoli di territorio, a volte dimenticati, mantenendo però intatto tutto il loro valore ambientale, recuperandone la storia, i luoghi che hanno caratterizzato il suo percorso.
Cattolica, che ne ospita la foce, doveva essere la porta principale per accedere a quei sentieri che si addentrano tra le sue rive, quei sentieri che lui stesso, nelle sue frequenti passeggiate, più volte ha percorso ed apprezzato, godendo della pace di quei rumorosi silenzi. Enrico avrebbe voluto che molti altri potessero godere di queste sensazioni per questo motivo, credo, teneva particolarmente affinché tutto questo non rimanesse solo un’idea.
E da qui l’impegno a studiare le norme, ad incontrare assessori e funzionari, a coinvolgere noi del partito. Lunedì scorso abbiamo parlato a lungo, di questo e di tante altre cose, dalla bioarchitettura all’uso delle energie alternative, abbiamo incrociato i nostri pensieri, gli abbiamo messi a confronto, abbiamo costruito un percorso ideale per cercare di dare corpo e sostanza ai nostri progetti, ci eravamo dati dei compiti e delle scadenze, avevamo contaminato a vicenda i nostri rispettivi entusiasmi.
Ecco una delle cose che mi ha più colpito di Enrico in questi anni, l’entusiasmo con cui si dedicava alle cose, soprattutto a quelle che amava. Sono trascorsi pochi anni da quando ci siamo conosciuti ed il momento del nostro primo colloquio ha coinciso con il suo riavvicinarsi al nostro partito. Ricordo ancora la sua onesta diffidenza, la sua esigenza di comprendere da quel primo incontro se valesse la pena rimettersi in gioco, di valutare se il nostro partito fosse ancora quel luogo dove poter dare corpo alle proprie idee ed aspirazioni per contribuire a migliorare la qualità della vita di noi tutti.
Devo dire che non mi ha disturbato il sentirmi un po’ sotto esame, anzi ne sono stato contento perché ritengo giusto che chi intende aderire ad un partito, ad una idea politica, ad impegnarsi per essa, abbia tutto il diritto, se non il dovere, di pretendere che la classe dirigente che lo rappresenta rispecchi il proprio modo di vedere e di intendere la politica. Sono stato contento perché sapevo che se ci fossimo capiti avrei trovato in Enrico un compagno che non avrebbe fatto certo mancare il proprio contributo, di impegno e di idee.
E così è stato, a cominciare dai primi incontri per definire il nuovo profilo della nostra città, dove ha operato per portare avanti le proprie idee, anche in confronti aspri, come spesso accade in queste occasioni, affinché emergesse chiaro il concetto di una città che cerca di recuperare il proprio rapporto con l’ambiente, dove la qualità della vita passa anche per la sostenibilità futura delle azioni presenti.
In un tempo in cui si sta diffondendo purtroppo l’idea che l’agire politico sia sinonimo di chissà quale recondito interesse, io so solo che in questi anni di militanza politica ho avuto l’opportunità e la fortuna di conoscere persone che sono state in grado, con la loro dedizione, la loro passione, il loro attaccamento ad ideali forti, quali la solidarietà ed una visione non privatistica della propria vita, di trasmettere tante piccole emozioni ed Enrico è stato certamente uno di questi, uno dei tanti e numerosi compagni ed amici che fanno si che cresca in noi l’orgoglio di appartenere a questo partito e che ci danno lo stimolo, ma anche la forza, di continuare nel nostro percorso.
Nel salutarti con un ultimo abbraccio, volgiamo a te la promessa di continuare su quella strada che insieme abbiamo avviato e ti promettiamo che quel sogno lo ereditiamo noi, caro Enrico. Da qualche parte, in quel parco, sugli argini di quel fiume, collocheremo e dedicheremo a te queste parole di Pablo Neruda: “E ora dietro questa pagina / me ne vado e non sparisco: / spiccherò un salto nella trasparenza / come un nuotatore del cielo / e (…) allora canterò in silenzio”.
Sarà il nostro modo per onorare il tuo ricordo; per dare continuità di vita alla tua passione civile; per ringraziarti di esserci stato amico e compagno carissimo”.