– La casa del fascio, la più recente del palazzo comunale di Morciano, rispecchia nelle sue forme la fase terminale – conservatrice ed evolutiva – del dibattito architettonico in Italia durante il periodo tra le due guere.
Di impianto dichiaratamente classicista (le arcate a tutto sesto, il monumentalismo, la simmetria delle facciate), in esso si evidenzia la volontà d’integrazione con l’architettura locale (il rivestimento in mattoni) e qualche manierato spunto razionalista. Il motivo dell’arcata, con finestra quadrata sovrapposta, suggerisocno un lontano riferimento alle architetture metafishce delle “Piazza d’Italia” di De Chirico.
Tipico è il balcone, con un interessante bassorilievo. Reca una scena della civiltà contadina: donne che raccolgono frutta, agricoltori che arano coi buoi. La pregevole scultura porta la firma di G. Casalini e risale al 1928. Nel complesso, l’architettura che sicuramente gli architetti fascisti “modernisti” dell’epoca avrebbero bollata come fascista “passatista”, e che oggi possiamo considerare perfetto documento dell’epoca, inclusa la retorica scritta: “Non ci sarebbe la marcia su Mosca, marcia che sarà vittoriosa, se 20 anni prima non ci fosse stata quella su Roma” m. 3 luglio XIX (M sta per Mussolini, mentre il numero romano scandisce il potere fascista. Preso nel ’22, siamo nel 1941).
La costruzione dell’attuale palazzo comunale avvenne dopo una discussione durata un quarto di secolo. Ecco che cosa scrisse Aldo Gasperi nella sua tesi di laurea del 1929 dal titolo il Comune di Morciano di Romagna: “Era cosa decorosa, indispensabile, dare a Morciano, centro commerciale di primo ordine, paese ridente ed industriale, una degna sede per la residenza municipale. Ciò aveva rappresentato il voto insoddisfatto di tutte le Pubbliche Amministrazioni succedute al potere in questo quarto di secolo, in quanto, mentre il paese sviluppava e ingrandiva, la Sede Comunale che in regime gerarchico deve emergere, troneggiare, era rimasta invece un’umile casa confinata in una via secondaria. Due anni fa, il problema della Sede Comunale, fu ripreso.
Fu dato incarico all’ingegner Eligio Degli Angeli di Cesena, di redigere un progetto definitivo di palazzo, da sopraelevarsi sul mezzo del loggiato, detto ‘pavaglione’, al centro del paese, prospicente la piazza principale. Il progetto, ben congegnato tanto nei suoi elementi tecnici, quanto in quelli finanziari, ha avuto esecuzione da parte di una brava impresa aggiudicatrice dell’appalto, la quale ha già portato ha compimento i lavori e il Comune di Morciano può finalmente avere una sede degna del suo nome e della sua importanza. Le difficoltà di finanziamento non furono poche né facili. Si trattava di trovare sulla piazza la somma di lire 281.000, tale essendo l’importo dell’opera, e stante la impossibilità di ricorrere alle Casse dello stato, chiuse a simili finanziamenti.
I due istituti locali che mi piace segnalare a titolo di encomio e cioè: la Cassa Operaia di Previdenza e Risparmio e la Banca Cooperativa Morcianese (l’attuale Banca Popolare Valconca), provvedettero e concessero lire 50.000 ciascuno a titolo di prestito, estinguibile in 10 anni. Per le rimanenti lire 181.000 il problema si presentava imbarazzante, fu allora pensato alla vendita di vecchie catapecchie di proprietà del Comune destinandone il ricavato alle spese di detta costruzione. Fu inoltre preventivata la vendita di 4 vani da adibirsi a negozio, posti al pian terreno del nuovo palazzo, negozi che oltre tutto abbelliranno col tempo il porticato del Palazzo…”.