– Cinque domande al professor Guido Candela, preside della facoltà di Economia del Polo Scientifico-Didattico di Rimini, da dieci anni “riminese”, osservatore privilegiato, mente e primo tassello del progetto universitario romagnolo.
Professore, turismo ed economia come sono visti dal suo osservatorio?
“La facoltà non ha tra i compiti istituzionali studiare specificatamente la realtà locale. Questo non vuol dire che non ci interessiamo della situazione. Il mio punto di vista è che a Rimini ci si sia molto fermento specialmente sul balneare rispetto agli anni di stasi e mi riferisco al rinnovamento delle strutture alberghiere, la diversificazione dei servizi in spiaggia, la presenza di tutta una serie di manifestazioni durante l’estate che prima non c’erano. Bisogna però continuare”.
Facendo leva su che cosa?
“Fare leva sulle invenzioni e le innovazioni, creare eventi, cercare il giusto equilibrio tra prezzo e qualità del prodotto offerto che ora non c’è, si sta ancora cercando infatti i prezzi aumentano e la qualità sta dietro. Il turismo di massa, data la situazione del mercato come ad esempio quello del lavoro ed i costi delle imprese, non può più essere gestito come negli anni ’60 quindi è necessario cambiare la traiettoria che non significa passare ad un turismo d’élite, non è ragionevole e neanche conveniente però possiamo prendere una traiettoria intermedia. Questa ricerca avviene attraverso tentativi”.
Con i dati 2004 c’è stata una grossa preoccupazione sul calo delle presenze turistiche.
“Non bisogna spaventarsi, bisogna guardare la dinamica pluriennale e vedere come questi movimenti si pongono in essere”.
Ritiene l’intervento pubblico sia stato adeguato?
“Non c’è dubbio che siano state determinanti le infrastrutture senza le quali la situazione non si sarebbe sbloccata, la fiera ad esempio, mentre la viabilità è ancora un grosso problema. Altri opere dovrebbero essere fatte come la metropolitana costiera e i parcheggi”.
E i privati?
“Quando arrivai a Rimini 10 anni fa si parlava di strutture alberghiere che non investivano, tenevano i capitali in banca, oppure finanziavano attività non turistiche industriali o paraindustriali. Adesso è diverso, la situazione è migliorata molto, basta guardare la grossa trasformazione degli alberghi a due stelle in tre”.
di Domenico Chiericozzi