– Arcurdand un amig. Che la vu tre amdai d’argent al valor civil. Dmenga dop mez dì a sera dré marena e ho vest un bagnin ad salvatag chi mudern e am so arcord ad Pinon.
Un bagnino vecchio stile, un om gros, grand e bon com un pez ad ciamblon.
Era uno di noi, dla Catolga. Da giovane in un momento molto difficile della nostra storia, aveva fatto una scelta coraggiosa ma giusta per la libertà: era stato partigiano nella brigata del senatore Morbiducci. Un ragazzo senza tante pretese, ma con la voglia di un mondo nuovo, con gli ideali di uguaglianza e giuistizia, sperando in un domani migliore: dove tutti sono fratelli, senza distinzione di colore e di razza. Quando per fare il passaporto, ad un certo signor Einstein, fu chiesto di che razza era, rispose: umana.
Facendo il bagnino era conosciuto da tanti villeggianti, specialmente tedeschi. Qualcuno ne salvò, altre ne amò; era quello che si dice un don Giovanni, ma vero, ruspante, non come questo di oggi che si vanta di essere tanto bravo da far cambiare idea ad un primo ministro scandinavo. Sa chi do ciuf trapianted.
Altri tempi. E po amarcord che di dé l’ot ad giugn del 1964. Un giorno per chi lo ha vissuto da non scordarselo mai più: scuro il cielo, mare in tempesta, un inferno in terra; vento con raffiche micidiale, onde alte 10 metri, spiaggia devastata, capanni distrutti, tetti scoperchiati, palco dell’orchestra dell’Eden Rock, mitico night club dei favolosi anni sessanta di Gabicce Monte, truved ma la Bassa. El bar ad Tambur (Battista Pritelli) sul pontile di Cattolica sotto una muraglia d’acqua.
Gente rimasta intrappolata stavano rischiando di morire annegati. Si doveva cercare un modo per andarli a prendere non c’era un minuto da perdere. Si doveva prendere una decisione, ma era molto pericoloso. L’è ste alora che u se fat aventi Pinon, l’ha det : “Avag me”.
Fu trovata una corda, legata alla vita, un’altra sulle spalle; mare forza 8-9. U se but. Aggrappandosi alle balaustre del pontile e finalmente, lottando con tutte le sue forze, arrivò dove c’erano quattro persone nel bar. Erano spaventate a morte. Un ragazzo più degli altri; non voleva tentare di aggrapparsi a Pinon. Non c’era tempo da perdere. U se santì la voce ad Pinon che l’ha det: “Dai burdel che si no a murin tot”.
Stava per afferrare il giovane ma un’onda più forte delle altre lo portò via. Pinon lottò con tutte le sue forze disperatamente, cercando di riprenderlo; purtroppo non ci riuscì. Il giovane si chiamava Fernando Cermaria, di anni 16. Fu ritrovato dopo 20-30 giorni presso Fano. C’erano ancora tre persone da tirare in salvo. Con grande coraggio la squadra composta anche da Sergio Camagni, el tedesc Walter Forsten e del maresciallo dei carabinieri di Cattolica, Renato Amati.
Il caso vuole che una mattina facendo servizio volontario per ausilio della Coop Adriatica ho portato con Severino Bacchini la spesa alla mamma di Gino e mi ha raccontato un particolare di quel giorno. Essendo andata via la luce erano tutti al buio. Con molta preoccupazione per non veder arrivare il figlio a casa; senza notizie disse alla figlia di accendere una candela. Finalmente, verso mezzanotte bussarono alla porta dicendole di non preoccuparsi: il figlio era all’ospedale che stava bene e che aveva bisogno solo di panni asciutti.
Le altre ragazze salvate erano: Grazia Prioli, Maria Luisa Prioli ed il diciottenne Gino Silvagni.
Però l’anima dla squedra era Pinon. Perché Pinon l’era Pinon. Gli restò un grosso peso nel cuore per non aver salvato quel giovanotto. Fu decorato con tre medaglie d’argento a valor civile. Ma non si è mai gloriato per tutto quel che aveva fatto; nella sua carriera ne aveva salvato più di 50. Se ne andò senza clamore, ricordato da pochi amici. Non fu ricordato da nessun ente per cui lavorò. Forse perché i Pinon in nas piò tent spes. E i nè gnenca parent ad quii da ades.
Ah scusem, Pinon us ciameva Giuseppe Santoni (6.5.1923-11.2.2004), tre amdai d’argent al valor civil. E l’era dla Catolga.
di Alberto Prioli