Il referendum non è paragonabile ad una normale elezione politica o amministrativa, è una cosa completamente diversa. La partecipazione alle elezioni politiche o amministrative è un diritto/dovere di ogni cittadino; attraverso il voto a favore di Tizio o di Caio si determina, infatti, la nomina di chi governerà le Istituzioni nazionali o locali (Parlamento, Regioni, Comuni ecc.).
Quando parliamo di referendum, invece, la situazione è completamente diversa.
Qui ci troviamo di fronte ad alcuni cittadini (500.000) ai quali non piace una legge dello Stato, non li soddisfa, oppure la ritengono sbagliata o pericolosa e propongono perciò di modificarla. Desiderio questo legittimo e costituzionalmente tutelato.
La legge infatti prevede la possibilità che questi cittadini indicano un referendum per vedere approvata o respinta la loro proposta; non pone limiti di sorta, salvo che, per la validità del risultato, occorre che i votanti siano stati almeno il 50%+ 1, il cosiddetto “quorum”.
A questo punto se questi cittadini (500.000, rappresentanti circa l’uno per cento degli italiani) vogliono cambiare una legge mi sembra sia un problema loro quello di trovare il 50% più uno degli italiani che la pensino come loro, che si rechino a votare e votino sì.
Chi non è d’accordo su questa loro proposta non è obbligato ad andarlo a dire nella cabina elettorale, semplicemente non va a votare. Non andando a votare esprime automaticamente il suo dissenso.
Il diritto di esprimere un dissenso, cioè di non essere d’accordo sulla proposta che ci viene presentata, credo non sia in discussione, allo stesso modo non può essere messo in discussione il modo attraverso il quale ognuno esprime il proprio dissenso.
A mio avviso quindi, pieno diritto civile e costituzionale di non andare a votare senza essere preso, né per pavido, né per non adulto, ma semplicemente coerente con le proprie convinzioni.
Vediamo invece cosa può succedere se, chi è per il no, anziché non andare a votare si reca alle urne e vota no.
Prima considerazione, ovvia ma importante, non confondiamo la situazione odierna con altre situazioni. Ogni momento storico ha le sue caratteristiche e peculiarità che lo differenziano da quelli che lo hanno preceduto e dai futuri, concentriamoci perciò su quello che può succedere oggi e precisamente il 12 e 13 giugno prossimi.
Certamente una di queste situazioni. Per semplicità di calcolo e di esposizione ipotizziamo che tutti gli italiani siano 100.
Quindi 100 italiani hanno diritto di esprimersi cioè di votare:
1) Si recano alle urne in 51 o più di 51 e votano tutti: Sì. Risultato: il “quorum” del 50% + 1 è raggiunto, il risultato è valido, il sì ha vinto.
2) Si recano alle urne in 30, oppure 40, oppure fino a 49 e votano tutti sì.
Risultato: il “quorum” del 50% + 1 non è raggiunto, il risultato non è valido,vince il no,
Infatti, poiché i promotori del referendum non hanno convinto il 50% + 1 ad andare alle urne, il referendum non ha ottenuto il risultato atteso. I contrari (i no) hanno avuto ragione.
3) Se oltre ai 30, 40, fino a 49 sostenitori del sì, si recano alle urne rispettivamente anche altri: 21, oppure 11, oppure anche 2 soli sostenitori del no, cosa succede?
Il calcolo è molto semplice, i votanti diventano in tutti questi casi 51, il referendum ha raggiunto il “quorum” e il risultato è valido.
Ma quale è il risultato raggiunto? Ha vinto il sì.
Infatti: 30 sì su un totale di 51 votanti equivale al 58,8% di sì; percentuale ancora più alta negli altri due casi descritti al punto 3.
Ma come? Al punto2 con trenta sì, addirittura con 49 sì, vinceva il no, che cosa è successo?
Un fatto molto semplice, ma fondamentale e da non sottovalutare; al punto 2: i sì, da soli, non raggiungevano il “quorum” è quindi prevaleva il no.
Al punto 3 alcuni zelanti sostenitori del no sono andati a votare e, pur votando no, hanno ottenuto il bel risultato di fare vincere il si’, che da solo non ci sarebbe mai riuscito. Nella migliore delle definizioni questo è autolesionismo.
Ora se questo atteggiamento è tenuto da chi non conosce il meccanismo elettorale di un referendum, pazienza, è disinformazione, ma se così si comporta gente preparata, addirittura responsabili nazionali di formazioni politiche, questo non è solo autolesionismo, ma andare e/o consigliare di andare a votare “no” sapendo di contribuire seriamente a fare vincere il “si.” Rischia di diventare masochismo o addirittura cretineria.
di Gianfranco Vanzini