– Accogliere nella propria casa è come far entrare il tuo prossimo nella tua vita: con tante persone è come un discreto esplorarsi a vicenda, un interrogarsi negli sguardi e nei silenzi sulle relative fatiche di vivere.
Quando poi la tua vita si fa parola, ti sembra di aver conosciuto quelle persone da sempre; oltre a questo, la parola narrante e che si fa ascoltare ha il magico potere di rallentare, di moltiplicare il tempo, che è padrone della vita vissuta, ma non di quella raccontata.
Agli ospiti, oltre ad offrire, al loro arrivo, un bicchier d’acqua fresca e una sedia, riti antichi dell’ospitare, piace inseguire la tua anima, sentire il “genius loci” di quel territorio, rincorrere i sapori, gli odori, gli umori che solo la tua terra può offrire; il tutto filtrato dalla tua sensibilità.
Se questo incontro avviene poi nella casa che abiti e nella quale ti rispecchi, l’incontro diviene ancora più ricco: di quelle stanze, dove hanno goduto e sofferto, riso e pianto le generazioni che si sono avvicendate nel tempo, vivi una intensa energia vitale e la passi anche a chi ti è intorno.
Ospitare è accogliere il viaggiatore, ma il viaggio lo fai anche tu, dentro i giardini e i deserti della tua anima e provi stupore alla scoperta di risorse interiori non sapute. Sensazioni, passioni, immagini, che, se riscoperte, cementano la tua identità e stai bene.
L’ospitalità è un gioco potente delle relazioni umane, un gioco che ti prende la testa e il cuore e rende sempre più forte e trasparente il rapporto fra il tu che appare e il tu che sei. Evviva: un sup-plemento d’anima, la parola parlata e ascoltata, un fare sinergico.
Anna Baffoni