Supponiamo, a questo punto, di essere tutti convinti che togliere gli “oneri previdenziali e sanitari” e cioè i “contributi Inps e la parte di Irap che riguarda il lavoro dipendente” sia una buona idea.
Dove andiamo a prendere le risorse necessarie per le pensioni e la sanità? Proviamo ad avanzare una ipotesi di lavoro che abbia come obiettivo:
– l’eliminazione dalla busta paga della voce “oneri contributivi” (tutti, sia quelli a carico del lavoratore che del datore di lavoro),
– l’eliminazione dal calcolo dell’Irap dei salari e stipendi.
Un primo passo potrebbe essere l’istituzione di una Contribuzione nuova che potremmo chiamare: “Contributi previdenziali e sanitari” (abbreviato Cps), deducibili dal reddito imponibile.
I Cps verrebbero calcolati non più sui salari e stipendi ma sul Valore aggiunto (Va). Sarebbero un vero e proprio “costo deducibile” che serve a finanziare le “pensioni” (opportunamente modificate) e la “sanità”.
Si libera in questo modo il costo del lavoro dal “pesante balzello” cui facevamo riferimento le volte scorse. Il costo del lavoro si ridurrebbe di circa il 40-50%. Le notevoli e positive ricadute sul livello di occupazione sono facilmente intuibili.
Resterebbero a carico dei lavoratori, un modesto “contributo” pari al 2% – massimo 3% – per i costi di funzionamento dell’Inps e, ovviamente, l’Irpef per quella parte di reddito da lavoro fuori dalla “No tax area”.
Perché tassare il Valore aggiunto? Ovvero: ricavi dalle vendite, meno costo delle materie prime dirette.
Perché è un valore abbastanza chiaramente definito a livello di dottrina e di pratica, facilmente calcolabile, facilmente controllabile e contrariamene all’Irap, che si paga anche se non c’è reddito, questi si pagherebbero solo se c’è un reddito prodotto (sia pure ancora molto lordo).
Il Valore aggiunto da tassare potrebbe essere determinato e calcolato in maniera molto semplice e chiara:
FATTURE DI VENDITA DEL PERIODO (mese o trimestre) meno FATTURE DI ACQUISTO DELLE MATERIE PRIME, SUSSIDIARIE E DI MERCI.
Facciamo un esempio pratico di calcolo dei futuri CPS.
Come prima approssimazione ipotizziamo che:
OC (oneri contributivi) = +/- 32% + IRAP +/- 8% (4%, non deducibile cioè +/- 8% deducibile) totale oneri circa 40% di stipendi e salari (costo del lavoro al netto dei contributi)
– CL (costo del lavoro) senza contributi pari circa al 15% dei ricavi
– VA = circa 60% dei ricavi.
– Con queste ipotesi oggi abbiamo: OC = 40% del 15% dei ricavi.
– Se consideriamo i ricavi pari a 100, avremo gli OC = 100 x (40% del 15%) = 6.
Questo significa che oggi gli oneri contributivi ammontano a circa il 6% dei ricavi.
I CPS di domani dovranno produrre le stesse entrate, non calcolate però sull’ammontare del costo del lavoro, come oggi, né sul fatturato, perché diventerebbero una nuova imposta sulle entrate, ma, come abbiamo appena detto, sul Valore Aggiunto.
Come fare il calcolo, è abbastanza semplice, infatti, se:
RICAVI = 100,
VALORE AGGIUNTO (VA) = 60% DEI RICAVI cioè 60,
CL. = 15% dei ricavi cioè 15,
OC.= 40% di CL cioè 6,
CPS = 6/60×100 = 10% del VA.
Se invece il VA fosse pari al 50% dei Ricavi i CPS sarebbero = a 6/50×100 = 12% del VA.
Va da sé che più cresce il VA più diminuisce la percentuale di tassazione.
E’ evidente che abbiamo usato valori medi per spiegare il meccanismo di calcolo, in pratica sarà necessario disporre di dati più precisi. Questo perché le diverse categorie di imprese e di attività possono avere sia l’incidenza del costo del lavoro, sia il livello del valore aggiunto molto diversi.
Con la mole di dati di cui oggi si dispone (esempio, studi di settore e altre rilevazioni) non è difficile calibrare le aliquote a seconda delle varie categorie di imprese e/o situazioni o attività.
Attraverso alcuni calcoli, basati sui dati dell’anno precedente (o degli anni precedenti) si potrebbe definire anche una cadenza mensile, o trimestrale, dei versamenti da effettuare.
Questo all’incirca il calcolo della nuova forma di reperimento delle risorse per sanità e pensioni (CPS).
Se tassare il VA non fosse sufficiente, o non si volesse troppo calcare la mano su questo parametro, si potrebbe istituire anche un’apposita TASSA o contributo sulla PUBBLICITA’.
L’introito potrebbe essere interessante e forse si ridurrebbe anche la presenza di pubblicità e promozioni inutili, invasive e a volte addirittura di disturbo.
Procedura per i versamenti e incombenze INPS.
TUTTI questi contributi (CPS e eventuale tassa sulla pubblicità) potrebbero essere versati all’INPS UNITAMENTE alla piccola percentuale rimasta a carico dei lavoratori (IPOTIZZIAMO 2%).
Per cui: l’INPS riceverebbe mensilmente, o trimestralmente, come oggi, la comunicazione dei:
– periodi lavorati da ciascun lavoratore, i compensi percepiti e i CPS di competenza del periodo.
I lavoratori dovranno essere TUTTI UGUALI: pubblici e privati.
I periodi lavorati saranno anch’essi tutti validi, sia effettuati con contratto a tempo indeterminato come pure con contratto a tempo determinato, lavoratori a progetto, part-time, ecc. e TUTTI PARTECIPANO AL S.P.P.N. (Sistema pubblico di previdenza nazionale).
Per esigenze di verifica e controllo da parte dei lavoratori e per facilitare i calcoli di cui diremo, l’Inps provvederà ad inviare annualmente, dopo il 31 dicembre a ciascun lavoratore iscritto un riepilogo, aggiornato costantemente, dei periodi lavorati e del compenso medio percepito nell’anno appena trascorso.
I compensi medi verranno rivalutati sempre annualmente con i dati Istat, in modo da avere sempre disponibile il compenso medio percepito fino a quel momento.
Eventuali previdenze integrative – private individuali e/o di categoria – saranno totalmente autonome e indipendenti e lo Stato non dovrà mai intervenire sul loro funzionamento, né con leggi particolari, né con contributi, né con richieste .
Nuove caratteristiche della pensione.
La PENSIONE potrà essere , come oggi di anziantà (o di invalidità, della quale parleremo in altra sede)
Pensione di anzianità
– Decorrenza per tutti al compimento dei 40 anni di contribuzione (cioè di lavoro) oppure 65 anni di età.
– Nel caso in cui al compimento del 65° anno non si siano raggiunti i 40 anni di contribuzione,
…si continua a lavorare fino al 40° anno,
…si percepisce la pensione in 40mi 39,38,37/40mi ecc.
CALCOLO DELLA PENSIONE.
Si considerano gli ultimi 20 anni lavorati.
Dal riepilogo di cui si è detto sopra si calcola il compenso MEDIO mensile percepito negli ultimi 20 anni di lavoro.
L’importo della pensione sarà pari all’80% di questo compenso medio, adeguabile (in toto o in parte) una volta all’anno, in base alle variazioni Istat.
Se lo stipendio medio degli ultimi 5 anni è pari o superiore al 150% del compenso medio di cui sopra (ultimi 20 anni) la percentuale di pensione potrà salire fino al 100% del compenso medio
IMPORTO MASSIMO (tetto) della pensione Inps: EURO 3.500, senza eccezioni.
Non è un importo stratosferico, è però dignitoso e aggiornabile.
Chi considerasse il tetto basso significa che le sue condizioni di compenso attuale possono lasciare spazio a forme di pensione integrativa assolutamente auspicabili e doverose.
E’ chiaro che questo azzera l’attuale SISTEMA CONTRIBUTIVO. (A mio avviso impropriamente detto in quanto una “riserva matematica” non è prevista da nessuna parte e l’Inps usa i soldi che incassa oggi per pagare le pensioni attuali, trasformando il sistema da cosiddetto contributivo di fatto in retributivo).
Quello ipotizzato sarebbe invece un vero e proprio SISTEMA RETRIBUTIVO dove è molto chiaro che quello che si versa OGGI serve per pagare i pensionati di oggi, con evidenti vantaggi in termini di calcolo, chiarezza, prevedibilità e sostenibilità.
In casi eccezionali anche di adeguabilità alle mutate esigenze storiche (esempio, inflazione galoppante per diversi anni, come è già successo e che, di fatto, ha bruciato i versamenti fatti negli anni pre-inflazione)
Sono ovviamente incoraggiate, sollecitate e gradite: osservazioni, suggerimenti, critiche costruttive e proposte migliorative.
Gianfranco Vanzini