– “Amarkord. Un’estate all’inferno”. Questo è il titolo del nuovo libro di Giuseppe Ricci.
Cattolichino, 32 anni, dopo l’importante esordio con il saggio “La Teledittatura” sul fenomeno politico-sociale del berlusconismo, Giuseppe Ricci torna in libreria e questa volta con un romanzo (edito dalla Frilli Editori di Genova) che già dalla copertina avverte dei “contenuti espliciti”.
La scelta di passare dal genere saggistico a quello narrativo, esistono dei perché?
“No, è stato un caso, o meglio, un gioco. Tutto è iniziato per semplice piacere personale, il bisogno ed il piacere di scrivere inventando un personaggio che in una qualche maniera vivesse degli imperativi mediatici di questo tempo.
Dopo alcune pagine mi sono reso conto del fatto che il protagonista non voleva rimanere un file sperduto nel mio pc, ma presentarsi in tutto il suo mostruoso splendore, a quel punto non ho potuto negargli la possibilità di esprimersi, la sua voglia di raccontarmi la sua quotidianità, mi ha convinto ad ascoltarlo fino in fondo”.
Chi è il personaggio protagonista, e quale la sua quotidianità?
“Forse, più che ‘chi’, ‘cosa’ è. Riccardo Spadavecchia (questo il nome del protagonista) è il coacervo delle ‘nuove schiavitù’ imposte dall’industria culturale agente dai primi anni novanta, solo a tratti consapevole accetta ‘il nulla’ che lo circonda approfittandone ma allo stesso tempo riproducendo ogni mancanza di senso. Riccardo è iper-edonista, consumista, intelligente, istruito, bello, inserito, dedito a molte sostanze ma schiavo di nessuna, tranne la musica.
Per ciò che riguarda un giudizio etico? la cosa ancora non mi è chiara, e credo che non lo sarà mai, Riccardo non è un ‘cattivo con un cuore’, o un ‘buono senza cuore’?insomma?è un uomo del suo tempo?forse qui la drammaticità ed il risvolto sociologico del soggetto letterario”.
Visto il suo precedente contro il “sistema televisivo” c’è da credere che anche in “Amarkord” esistano dei riferimenti al sistema mediatico.
“Sì esistono. Riccardo si è ‘nutrito’ e si ‘nutre’ di molte trasmissioni televisive realmente esistenti e di fronte a queste ha la ‘sue’ reazioni.
In qualche maniera sono riuscito a fondere l’invenzione con la realtà, Riccardo è spettatore di spezzoni di tv realmente andata in onda ma anche di un’emittente TV totalmente inventata (MondoBuonoTV), nel nome e nei contenuti, mi sono narrativamente servito di questa per estremizzare (ma neanche troppo) ciò che la televisione propone in modo sistematico e credo, volutamente egemonizzante?ma questo è un discorso più ‘Grande’”.
C’è qualcosa di autobiografico in Riccardo? Il fatto che Riccardo viva nella nostra realtà geografica potrebbe far si che “esista” nella nostra realtà sociale?
“Di autobiografico non c’è nulla? ma c’è tutto, semplicemente perché? se ho potuto immaginare probabilmente ho spiritualmente potuto ‘sentire’ ciò che mi circonda, e credo di non essere il solo.
Credo che di Riccardo ne ‘esistano’ da tempo? amplificato in entrambe le ‘direzioni etiche’, credo che ci sia un grammo di Riccardo in tutti i giovani appartenenti a questo tempo”.