– Da piccolo mi dicevano “hai il mare nel sangue” e io non capivo. Poi ho cercato di approfondire, anche se il mare può evocarmi tristi eventi lontani, esso esercita su di me grande attrazione ed entusiasmo vitale. Dalla complicata ricerca sul “Naufragio del Wilson” di Cattolica, ho scoperto che il mare continua a darmi nuovi spunti per raccontarsi. Provengo da parte materna dalla famiglia Arduini detta “Campagnon” e Grandicelli detti “Muron”; tutta gente vissuta sul mare, e ancor oggi parte delle nuove generazioni si dedicano, per libera scelta, alla pesca, certo confortati da mezzi che rendono questo lavoro meno faticoso e più sicuro di un tempo.
Arduini Agostino detto “Zamara” era cugino di mia nonna Marianna, come anche il fratello di lui Mario che, a differenza degli altri, smise le reti e aprì sul porto il prestigioso ristorante “La Lampara”, che porta ancora il suo nome.
Agostino Arduini detto “Zamara” era paron del motopeschereccio “Nuovo Pietro” di ton. 26. La storia riporta a galla il nefasto inverno del 1929. Un anno davvero triste per la marineria romagnola, da Cattolica a Rimini, già messa a dura prova dal mese di gennaio con tragici avvenimenti. Incombeva sulla zona un inverno freddissimo e nevoso come non si era mai visto, ma la mancanza di risorse obbligava i marinai a rischiose uscite di pesca per provvedere alle necessità primarie delle famiglie.
In quei tempi molti pescherecci si rifugiavano nel porto di Rimini che offriva maggior sicurezza per le manovre e per le sue lunghe banchine protettive.
La notte del 17 gennaio 1929 il motopeschereccio “Bruna” di Secondo Tomassini, detto “Pirulen”, di Riccione, paron molto esperto, e il “Nuovo Pietro” di Agostino Arduini detto “Zamara” paron, della famiglia “Campagnon” di Cattolica, che erano soliti pescare a coccia, si trovavano nel porto di Rimini. I due erano cognati, la sorella di Agostino, Michela Arduini, era sposata a Secondo Tomassini, i due avevano già un bambino chiamato Primo. Le due barche nella notte del 17 gennaio uscirono alla pesca, unitamente ad altre della zona. Purtroppo il tempo peggiorò e venne tanta neve e tanto vento. Una buriana spaventosa si abbatte all’una di notte, mentre ritiravano le reti, sulle imbarcazioni in mare aperto.
Alle prime luci dell’alba il porto di Rimini era pieno di gente ad aspettare il ritorno delle barche e dopo lunga attesa videro arrivare il “Nuovo Pietro”, solo. Inizialmente viveva la speranza che le altre avessero fatto rotta su Cattolica e Pesaro, ma le risposte furono tutte negative. Agostino Arduini col “Nuovo Pietro” ed altre imbarcazioni tornarono fuori a perlustrare il mare. Della “Bruna” non trovarono traccia. Videro del motopeschereccio “Seconda” di Rimini, paron Oreste Quadrelli, solo la punta degli alberi che affioravano dal mare e nessuno dell’equipaggio da poter soccorrere. La “Seconda” era uscita dal porto di Rimini il giorno 16 gennaio.
Poi trovarono la “Domenico Primo” di Chioggia che aveva perso il timone e fu trainata nel porto di Rimini dal “Nuovo Pietro”. Fu l’unica che riuscirono a salvare con tutto l’equipaggio.
La marineria si impegnò al completo per i soccorsi nella zona per molto tempo, gli scafi della “Bruna” e della “Seconda” furono recuperati a poche miglia da Rimini, dei marinai tutti morti, il mare ne restituì solo in parte i corpi. Dell’equipaggio della “Bruna” per puro caso si erano salvati due marinai, di cui uno rimasto a casa e l’altro che era in aiuto al “Nuovo Pietro”.
Agostino Arduini, uomo di mare laborioso e mite, nella sua vita che lo portò alla tarda età, raccontò il dolore, la paura e il coraggio di quella terribile notte alle sue due figlie, ai nipoti, a Primo (detto “Primen”) figlio di sua sorella e di Secondo Tomassini.
Certo non senza versare ogni volta qualche lacrima per gli amici persi con il naufragio della “Bruna”, anche perché i “Campagnon” erano persone rese forti e audaci dalla dura vita di mare, ma al tempo stesso semplici a manifestare i sentimenti. La “Bruna” costruita a Pesaro nel 1922 era dotata di motore 24 cavalli dal 1926.
I corpi dei pescatori Secondo Tomassini, Paolo Ceccarelli, Giulio Pronti, Giulio Righetti furono recuperati in momenti diversi tra la primavera e l’estate dello stesso anno, il marinaio Giulio Gennari non fu più ritrovato.
Arrivò dicembre e il 1929 si concluse tragicamente come era iniziato, ora toccò alla marineria cattolichina che ebbe un duro colpo perdendo i suoi coraggiosi marinai sotto l’emblema del motopeschereccio “Wilson” di ton. 16 di cui mio nonno Eugenio Grandicelli era paron. La storia dettagliata del “Naufragio del Wilson” è stata pubblicata sulla Piazza nel dicembre 2004.
(Alcuni cenni storici sono tratti dal: Popolo di Romagna, 26 e 29/1/1929 – 30/12/1929 – 3/2/1930. Corriere Padano, 25/12/1929)
Di Antonio Barbieri