Una nuova sede per una crescita grande nel territorio. L’Avis di Morciano di Romagna si prepara, dopo l’inaugurazione dei nuovi locali all’interno della casa di cura Montanari, ad allargare e aumentare l’interesse tra i residenti, unico punto di riferimento nella Valconca per il prelievo del sangue, e tra i primi centri per anno di nascita all’interno della provincia di Rimini.
“Ora che la sede di San Giovanni in Marignano non opera più i prelievi del sangue, l’incarico per la zona è passato a noi spiega Alfio Binotti, 42 anni, presidente dell’Avis di Morciano . I locali in cui ci siamo trasferiti sono più spaziosi e, essendo all’interno di una struttura sanitaria, assicurano ai donatori e ai riceventi la massima garanzia di igiene”.
L’Avis è a Morciano dall’inizio degli anni ’60, più di 40 anni di storia, nel segno dell’altruismo e della fiducia, un gesto importante per chi ha bisogno e di grande significato anche per chi dona.
“Ciò che conta per primo continua Binotti è la salvaguardia della salute del donatore. Chi compie un gesto di tale generosità è giusto che abbia le migliori garanzie contro ogni tipo di rischio. E la nuova sede ci permette una maggiore sicurezza in questo. Da poco abbiamo anche la possibilità di eseguire un particolare tipo di prelievo, la plasmaferesi”.
La parola d’ordine è come al solito informazione. Il numero dei donatori ora può e deve crescere, per garantire un servizio più esaustivo per le esigenze del territorio.
“La gestione del sangue è fatta a livello provinciale e regionale. Le sacche che produciamo in quelle che noi chiamiamo in gergo ‘uscite’, più o meno 5 al mese, vanno alla sede di Rimini, che poi le smista dove c’è più necessità”.
Le situazioni di carenza di sangue si fanno sentire, soprattutto in questo periodo.
Binoti: “Ora che è estate si registra un calo delle donazioni, soprattutto dovuto al caldo e alle abitudini delle singole persone, nella vita e nel lavoro. Parallelamente col turismo c’è una forte crescita di presenze in riviera, e quindi i fattori di rischio aumentano sensibilmente. Per non parlare poi della richiesta sempre maggiore di sangue dovuta all’incremento degli interventi in sala operatoria”.
Il consenso si crea con la diffusione del messaggio, e in questo caso la stampa è più che mai utile. I donatori Avis a Morciano sono circa 450 (compresi quelli provenienti dai comuni vicini), altrettanti a San Giovanni, mentre i volontari attivi ammontano a più di 20 tra i due paesi. Tanto basta almeno per far quadrare i conti.
“Non abbiamo iniziative particolari di raccolta fondi racconta ancora Binotti . A novembre mettiamo solitamente un banchetto all’entrata del cimitero e raccogliamo offerte. Solo questo. Riceviamo un contributo dall’Ausl sulla base del numero di sacche che produciamo, e in circostanze particolari chiediamo aiuto a enti pubblici o privati. Ma solamente per far fronte a casi di assoluta necessità, quale può essere l’acquisto di un nuovo macchinario. L’elettrocardiografo, per esempio, ci è stato donato dal comune di Morciano”.
Si diceva la crescita, è essenziale aumentare i donatori e coinvolgere la popolazione ad un’azione di grande altruismo. Con ciò si affronta anche la questione immigrati, sempre in numero maggiore nel paese.
“Ancora non abbiamo donatori immigrati. Però cominciano ad avvicinarsi e a informarsi. Certo le condizioni per la loro donazione necessitano di controlli approfonditi, perché spesso non hanno una storia clinica documentata, o vengono da paesi in cui le malattie endemiche possono mettere a rischio la salute dei riceventi”.
D’altro canto anche chi viaggia in paesi a rischio deve sottoporsi a controlli scrupolosi per evitare qualsiasi tipo di pericolo. “Una meta apparentemente sicura come Sharm el Sheik, per esempio, è comunque un luogo a rischio. Il punto nodale è la fiducia che si deve instaurare tra il donatore e il nostro personale, che è preparato e disponibile. Mi riferisco anche a comportamenti a rischio che si possono assumere e che sono incompatibili con la donazione del sangue. Anche l’assunzione di determinati farmaci, come l’aspirina può essere dannosa. Parlare di questo può evitare inutili complicazioni ai pazienti, e possono essere anche un modo per salvaguardare in primis la salute del donatore”. La garanzia di sicurezza e professionalità è comunque il punto di partenza:”I volontari che lavorano qui, me compreso, hanno seguito corsi speciali dell’Avis per le diverse competenze. Così il donatore che viene da noi sa che si mette in mani di gente professionale e responsabile”.
Per i testoni che non l’avessero ancora capito il messaggio è: “Donate sangue!”.
di Matteo Marini