IL PESSIMO MATTONE
– Per i non tecnici B6 può essere una chiamata a battaglia navale, ma in quel di San Clemente la sigletta ha assunto significati particolari a seconda della prospettiva da cui la si interpreta.
Questa variante, adottata nel 2003 in fretta e furia ben cinque mesi cinque, prima delle elezioni, doveva nello spirito generale “perimetrare” i “ghetti storici” del comune e consentire una quota di nuova edificabilità ai proprietari delle aree interessate prevista in circa 100 metri quadrati di nuova superficie utile. La variante aveva fatto discutere già nella individuazione dei “Ghetti Storici” in quanto alcune zone avevano incompresibilmente goduto di questa qualifica. Poi col passare del tempo “B6” è diventata la porta per far passare qualsiasi cosa: possibilità di ricostruzione di edifici crollati, strumento di compensazione per i proprietari interessati dalla nascente area industriale di Sant’Andrea (madre di tutte le sventure urbanistiche del comune) ed infine con il coinvolgimento per lo stesso motivo dei proprietari di aree limitrofe alla stessa.
La protagonista dell’ultimo Consiglio comunale è stata proprio questa perversa malnata e peggio cresciuta variante. Bene hanno fatto gli attuali amministratori a limitare certe aberrazioni che davvero non avevano né senso, né giustificazione. Hanno fatto bene perché nella variante erano comprese situazioni clamorosamente squilibrate che non avevano nessuna giustificazione se non quella di una distrazione o di una mancata conoscenza del territorio da parte di chi le aveva concesse.
Su queste naturalmente gli uomini del sindaco D’Andrea hanno potuto solo apporre delle correzioni in quanto, giustamente, i beneficiari non hanno nessunissima intenzione di rinunciare a vantaggi così “improvvisi” e così importanti economicamente. Normali anche i loro risentimenti: in fondo erano regali così clamorosi che i tanti in male fede che circolano nei piccoli paesi potevano avere pensato non proprio come casuali.
Dovrebbero essere comunque soddisfatti questi signori per il mezzo regalo ricevuto che è sempre molto più di quello dei tanti che avrebbero potuto e che non hanno ricevuto nulla, e, soprattuto, moltissimo di più di quello che a loro spettava. Vi sono poi situazioni particolari create da una norma che avrebbe in qualche modo agevolato anche chi questa variante l’ha voluta. Personaggi, cittadini e contemporaneamente politici, che scrivendo le regole si sono ricordati di se stessi, ma hanno scordato l’etica preferendole la nuova legalità self made. Nulla di clamoroso per carità, ma siccome a pensar male non si fa peccato è chiaro che vedere questi soggetti sul pulpito dei moralisti oggi, anche in tema di edilizia, fa un po’ sorridere e molto incazzare.
Già nel Consiglio comunale del 25 settembre inoltre sono state cambiate alcune regole che dovrebbero limitare le manovre speculative dei costruttori. La prima norma variata riguarda l’ampiezza delle singole unità immobiliari negli edifici di nuova costruzione. Al fine infatti di evitare una eccessiva densità di appartamenti nei singoli edifici e, di conseguenza, evitare agglomerati con una densità abitativa molto elevata, è stata introdotta una norma che prevede una superficie utile media minima di 55 metri quadrati degli appartamenti in ogni edificio.
Altre norme riguardano invece il calcolo delle altezze e l’utilizzo dei sottotetti. Dopo un periodo di incentivazione dell’utilizzo di lucernari ed abbaini per renderli abitabili senza costituire superficie utile, le nuove norme hanno cambiato la situazione. Da anni a San Clemente non si faceva finta di non vedere le palesi manovre degli speculatori. E’ stato fatto un primo importante passo per ripristinare la correttezza. I cittadini normali, quelli che vivono solo del loro lavoro, quelli che i 57 metri quadri lordi dovranno pagarli con mutui ventennali; quelli che per principio non hanno mai rubato uno spillo e si attengono alle regole possono tirare un sospiro di sollievo: solo uno…in attesa che diventi un lungo costante respiro.
di Claudio Casadei