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Fame, i genocidi perfettamente legali

Redazione di Redazione
11 Luglio 2006
in L'opinione
Tempo di lettura : 4 minuti necessari
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E l’Italia giocava alle carte, e parlava di calcio nei bar

(Giorgio Gaber, “la presa del potere”)

Ventuno milioni di morti in Africa dal 1980 ad oggi a seguito dell’applicazione dei programmi di aggiustamento strutturale. Una cifra pari a tre olocausti, 5.000 Intifade, e 7.000 11 settembre (Elisa Marincola, giornalista di SKY TG24).
(fonte: mosaico di Pace – Archivio/2006/Febbraio )

– La notizia mi ha spinto ad approfondire. Mi sono detto: “non è possibile continuare a subire quella indifferenza che la carenza di informazione rende cronica”. E allora ho cominciato a cercare cosa sia questo Piano di aggiustamento strutturale(Pas) e perché sia ritenuto responsabile di questo genocidio legalizzato. Nel corso di questo approfondimento mi sono reso conto che si muore di fame, di malattie, di disperazione e di rassegnazione non per mancanza di risorse o di virtù, ma per le necessità dell’alta economia, per la quale la morte di milioni di persone appare come un incidente accettabile nelle logiche del denaro e del profitto.

Programmi di aggiustamento strutturale PAS
Dopo la fine della II guerra mondiale, le grandi corporazioni commerciali, cominciano ad attivare una serie di politiche economiche al fine di garantirsi importazioni vantaggiose dai paesi del sud del mondo.
Ma è il 1970 che segna l’inizio dell’indebitamento dei paesi del terzo mondo. L’aumento del prezzo del petrolio genera enormi disponibilità di denaro liquido, specialmente nelle banche USA ed europee, dove le élite dei paesi produttori di petrolio depositano i loro soldi. I paesi del terzo mondo sembrarono essere uno sbocco ideale per questo denaro; le banche emisero così prestiti senza controllare a chi andavano, per quale scopo e quali fossero le condizioni di recupero.

Gli anni ’80 testimoni dell’esplosione della crisi del debito.
Dopo il salto dei tassi di interesse dal 6,7% al 20,22% e la simultanea caduta dei prezzi di alcune materie prime nell’agosto ’82, il Messico annuncia di non essere in grado di onorare il suo impegno di rimborsare i creditori stranieri. Altri paesi del sud erano pronti a dichiarare altrettanto. Il sistema finanziario internazionale fu destabilizzato. La crisi del debito estero del Terzo Mondo esplode sulla scena.
Gli anni ’90 sono quelli della gestione del debito
Il Fondo Monetario Internazionale (Fmi) e in misura minore la Banca Mondiale, la cui missione dichiarata è quella di ridurre la povertà, sono le istituzioni internazionali incaricate, per conto dei creditori del Nord, di ottenere il pagamento del debito estero da parte dei paesi del Sud. Il Fmi organizza i Programmi di Aggiustamento Strutturale (Pas). Questi programmi avrebbero dovuto permettere ai paesi indebitati di procurarsi il denaro necessario per pagare i propri debiti.
Questi Pas, applicati a quasi 100 paesi, coinvolgono circa 4 miliardi di persone.
Essi vengono imposti e non concordati con o approvati dai parlamenti dei rispettivi paesi. I Pas sono applicati in modo quasi identico nei vari paesi.

Prima richiesta è la svalutazione della moneta (condizione sine qua non posta da BM per accedere ai Pas), talora anche in misura del 50% . Questo porta immediatamente ad una crescita di esportazione delle materie prime ma comporta un rincaro dei prezzi dei generi alimentari, delle medicine, del combustibile? Di conseguenza i salari diminuiscono e così il costo del lavoro, il denaro perde il potere di acquisto e calano i consumi interni con la conseguente fuga di capitali. Senza investimenti produttivi considerevoli la produzione cala. Cresce invece il divario tra i pochi estremamente ricchi e la maggioranza impoverita. Cresce anche la disoccupazione, la criminalità, il vizio, il senso di impotenza e la rabbia. Di qui la sollevazione di interi paesi: Tunisi (1984), Nigeria (1989), Caracas (1989), Marocco (1990), Chiapas Messico (1993), Federazione Russa (1993), con scarsa attenzione del resto del mondo.
Questo è solo il primo elemento fondamentale per accedere ai Pas. Gli altri, invece, si possono sintetizzare in quattro punti
1. Riduzione della spesa pubblica. Riguarda principalmente l’istruzione pubblica, l’assistenza sanitaria, la riduzione della produzione di alcuni alimenti necessari alla nutrizione (che vengono importati), i trasporti e le reti di comunicazione
2. Liberalizzazione dei prezzi e degli scambi commerciali (nessun controllo o vincolo)
3. Privatizzazioni di terre o aziende statali, agevolazioni fiscali per società a capitale straniero (produzione per l’export).
4. Deregulation del sistema bancario
L’accordo dell’Uruguay Round del 1994 consente alle banche commerciali straniere l’accesso libero al settore bancario interno dei Paesi in “Via di Sviluppo”. Lentamente le banche centrali dei vari paesi hanno perso il controllo della politica monetaria, per l’acquisizione progressiva di questo settore da parte di istituzioni finanziarie straniere. Il settore produttivo incentivato dal sistema bancario è stato quello dell’export.

Con tali “accorgimenti”, che, a detta dei dirigenti di Banca mondiale e Fmi avrebbero causato “un breve male per un bene duraturo”, il Prodotto interno lordo (Pil) cala ad un ritmo del 2% ogni anno. In America Latina, rispetto agli anni 70 è calata del 9.7%. E nonostante la crescita dell’export, non si nota alcun paese in cui i Pas sono attivi che sia riuscito ad arrivare a quel bene duraturo preventivato.

Dopo venti anni gli effetti reali dei Pas si possono sintetizzare come segue:
– disoccupazione di massa nel settore pubblico come risultato di licenziamenti su larga scala;
– aumento dei lavori temporanei, specialmente nel settore dell’occupazione femminile, e rapida ascesa di nuovi tipi di lavori sottopagati per le donne (particolarmente nelle zone di “libero commercio”);
– indebolimento dei sindacati e graduale erosione dei diritti dei lavoratori;
– riduzione dell’accesso a servizi pubblici gratuiti, di pari passo con il decadimento del ruolo sociale dello Stato; tagli di bilancio per i programmi sociali e privatizzazioni di servizi pubblici;
– minor disponibilità dei cibi basilari;
– deterioramento dell’ambiente;
– incremento dei prezzi, in special modo per i beni essenziali e per i servizi;
– deterioramento della salute nella maggior parte della popolazione, ma in particolar modo per donne e bambini; riapparizione di malattie precedentemente tenute sotto controllo come la tubercolosi ed il colera.

di Alessandro Crescentini

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