– I dirigenti della Ghigi affermano che forse il mulino ed il mangimificio non verranno costruiti nei 12 ettari in quel di San Clemente. Il sindacato si preoccupa e lancia forte il proprio allarme.
Nando Fabbri, presidente della Provincia, Giorgio Ciotti, sindaco di Morciano e Cristian D’Andrea, sindaco a San Clemente fanno capire che se la Ghigi non costruisce mulino e mangimificio la terra oggetto della disputa avrà un cambio di destinazione d’uso: a verde perenne.
Corrado Gaia, Rifondazione comunista, vice-sindaco a San Clemente, è categorico: quella terra resterà a pascolo, nessuna speculazione.
Questi i temi fondamentali che si sono discussi lo scorso 11 febbraio nella Sala Lavatoio di Morciano. Piena come si conviene alle grandi occasioni l’assemblea pubblica indetta dal sindacato, dopo lo sciopero Ghigi dell’8 febbraio. Per la proprietà presenti Paolo Foschi, esperto di relazioni sindacali e Alessandra Ascari, amministratore delegato.
Il contenzioso. Tra la Ghigi ed il pubblico è stato firmato il cosiddetto Accordo di Programma. Gli enti statali hanno messo sul piatto molti incentivi; in cambio hanno ricevuto l’assicurazione della costruzione a Sant’Andrea in Casale del pastificio, del mulino e del mangimificio.
Acque finanziarie non brillanti, al momento la dirigenza Ghigi è titubante. Ha detto Alessandra Ascari: “Il pastificio è tutto finanziato. Sul mulino vedremo. Mentre il mangimificio è un grosso problema. Sviluppo Italia dice che con lo zootecnico rischiamo l’osso del collo”.
Ma andiamo con ordine. Nando Fabbri, presidente della Provincia, è intervenuto tra i primi. Poi, la parola è passata a Foschi, dirigente Ghigi, che in 5 cartelle ha esposto la posizione dell’azienda: quella sintetizzata dalla signora Ascari; tuttavia con ampie aperture.
Dopo gli interventi, le domande: garbate, educate, di buon senso.
Enrico Brolli ha sollevato il tema mulino sì, mulino no. Che fare per acquisire semola di qualità a prezzi concorrenziali?
La risposta di Ascari: “Se non riusciremo a farlo, affronteremo il problema”.
Marco Bonetti: “Se tutto l’Accordo di Programma non viene realizzato allora c’è qualcosa che non torna. Io lavoro nel mangimificio e non mi risulta che il settore soffra la crisi. L’Associazione nazionale prodotti zootecnici dice che nell’ultimo anno il mercato ha marcato un più 4 per cento; invece noi da anni perdiamo quote di mercato”.
Ascari: “Un mangimificio è economico se produce un milione di quintali di quintali; noi siamo a quota 140.000”.
Sussurro dal fondo della sala di Atos Berardi, ex sindaco di Morciano, molto critico con l’amministrazione Ciotti e Fabbri sull’operazione Ghigi: “Mi sa che non ce la mettono più una pezza”.
Dopo sono saliti sul tavolo del palco si sindaci Giorgio Ciotti e Cristian D’Andrea.
Tirato a lucido come spesso gli capita a Ciotti e capace di toccare le corde giuste degli astanti. Ed una citazione molto colta, da Illuminismo: “La politica deve concorrere alla felicità del cittadino” (si riferiva a quella socio-economica, civile).
“Morciano – ha continuato – non può dare i tempi alla Ghigi. La premessa era la volontà e la necessità di preservare questa attività produttiva.
Se l’azienda ha bisogno di un anno in più per il trasloco, noi siamo a disposizione. E non ci può essere un velo tra i dirigenti ed i lavoratori. Sarebbe meglio che il sindacato entrasse in società in Consvagri e non in Rinnovamento Ghigi, che gestisce la partita immobiliare”.
Cristian D’Andrea, sindaco di San Clemente, ha dimostrato maturità e mediazione, quando ha risposto qual è la partita Ghigi a San Clemente. Non secco, secchissimo: “Il primo stralcio dell’Accordo di Programma prevede la costruzione del pastificio, del mulino e del mangimificio.
Il secondo, l’eventuale ampliamento della struttura. E’ chiaro che se l’Accordo non va in porto, il Comune farà una variante; allo scadere dei 18 mesi. Che non si pensi ad idee strane ed a speculazioni, che mi sembra non siano nelle intenzioni della società. A suo favore va detto che le opere di urbanizzazione, rotonda e bretella, le sta portando avanti”.
Marco Rinaldi, della Flai Cgil, ha chiuso: “Vedo che il dubbio del sindacato è condiviso dalle pubbliche amministrazioni. Aspettiamo le reali intenzioni nell’ottica della trasparenza, progetti realistici e piani finanziari”.
La Ghigi oggi occupa una settantina di addetti, una trentina di stagionali, ha ricevuto molti incentivi, ha una dirigenza nuova. Forse ha capacità e forze per rilanciarsi.
D’Andrea: “Il primo stralcio dell’Accordo di Programma prevede la costruzione del pastificio, del mulino e del mangimificio. Il secondo l’ampliamento”
Ciotti: “Non ci può essere un velo tra i dirigenti ed i lavoratori. Sarebbe meglio che il sindacato entrasse in società in Consvagri e non in Rinnovamento Ghigi, che gestisce la partita immobiliare”
Ascari: “Il pastificio è tutto finanziato. Sul mulino vedremo. Mentre il mangimificio è un grosso problema. Sviluppo Italia dice che con lo zootecnico rischiamo l’osso del collo”
IL PUNTO DI VISTA
Ghigi, dopo 150 anni i nodi arrivano al pettine
– Rivaleggiava con la Barilla a cavallo degli anni Sessanta, la Ghigi. Mise in piedi una squadra di ciclisti professionisti (tra cui Fausto Coppi) ed il suo marchio riluceva nel mitico Carosello della Rai. Dava lavoro direttamente ad un migliaio di addetti e la grande piazza Rinascimento era troppo piccola per accogliere tutti i mezzi: auto di rappresentanza e camion.
Poi la divisione-rottura tra i due fratelli, Emilio ed Angelo (che fonda l’Angelo Ghigi a Rimini, portando con sé molte maestranze ma vivacchia senza fare miracoli). Emilio che va in difficoltà nella gestione dell’azienda. La crisi. Il salvataggio da parte dello Stato. Infine, l’arrivo di una cooperativa forlivese vicino al Partito repubblicano.
Il lento vivacchiare. Negli ultimi anni un disavanzo di gestione di alcuni miliardi. E la direzione che punta il dito sullo stabilimento: troppo vecchio, costi troppo alti. Conseguenza: poco competitivi sui mercati.
Ora, la costruzione del nuovo impianto, moderno, efficiente, a Sant’Andrea in Casale. Si spera che sia questione di impianti. In ogni caso, la centenaria storia della Ghigi è al capolinea. Se la rinnovata dirigenza non riuscirà a stare sul mercato, mietere utili, a trovare altri clienti, ad aprire nuovi mercati, ad innovare, a comunicare, significa che il vecchio stabilimento era soltanto una scusa alle difficoltà del mercato ed alla pochezza delle qualità professionali.
Con molta onestà, nessuno ha la palla di vetro per scrutare se la Ghigi ha futuro. Con la concorrenza sempre più concorrenza, è difficile per marchi vivi e più dinamici, figurarsi per uno un po’ sbiadito.
Eppure qualche speranza è lecita. Enrico Piccari, imprenditore di Montefiore, insieme ad un gruppo di amici, era pronto ad acquistare tutto e partire col vascello per le aperte acque della competizione. L’attuale dirigenza ha detto: no grazie, facciamo noi.
La speranza è che questo giovane gruppo al vertice, attorno a quel vecchio signore di Foschi, sia sincero e che non dica una cosa per pensare l’esatto contrario. In ogni caso, tra tre anni vedremo se alla bontà del dire, corrisponda la capacità del fare. Buona navigazione; sarà un mare difficile da solcare. Ma in economia non esiste nulla di facile e nulla che possa assomigliare ad un pasto gratis.
CURIOSITA’
Pubblico-Ghigi, il famoso accordo di programma
Dai Comuni di Morciano, San Clemente, Provincia di Rimini e Regione Emilia Romagna una caterva di incentivi: molti milioni di euro. Si spera che possano servire a qualcosa
– L’operazione Ghigi rientra nel cosiddetto accordo di programma. I Comuni di Morciano, San Clemente, Provincia di Rimini e Regione Emilia Romagna si sono stracciati le vesti per dare un possibile futuro alla Ghigi.
Con ordine. Dalle ceneri del vecchio stabilimento morcianese sono stati messi sul piatto 20.000 metri quadrati di edificabile. Cinquemila di questi 20.000 li acquista il pubblico, che mette sul piatto circa 8 milioni di euro, lira più lira meno. Con i 5.000 metri si faranno una serie di sale e salette. Servono a Morciano ed alla Valconca?
Quanto valgono sul mercato immobiliare gli altri 15.000 metri quadrati? Facendo rapidi conti della serva, circa 25 milioni di euro.
Grazie alla sensibilità dei quattro enti, Comuni di Morciano e San Clemente, Provincia e Regione, l’azienda ha acquisito 12 ettari (120.000 metri quadrati) di terra a Sant’Andrea in casale ad un prezzo molto vantaggioso, mediamente 15 euro al metro quadrato. Quando i prezzi di mercato oscillano attorno ai 100 euro al metro quadrato. Grazie a questa terra, l’azienda può andare in banca ed ottenere affidi da investire nella sua struttura. Insomma, la dirigenza Ghigi non può assolutamente lamentare.