– Un anno fa, vennero aperti alle visite i rifugi di guerra, dove nell’estate del ’44 si rifugiarono i civili per sfuggire alla sciaguratezza del conflitto. Come il Museo della Linea dei Goti di Montegridolfo, dietro c’è la passione e il lavoro di Terzo Maffei. Riportiano gli stralci fondamentali che raccontano i rifugi di Montegridolfo. Meritano una visita per non dimenticare
I rifugi
“Piccoli o grandi, furono ricavati tenendo presente due accorgimenti fondamentali per la si-curezza: furono scelti luoghi bassi che avessero una collina alle spalle e, in particolare, con l’ingresso rivolto al Nord. Così sarebbe stata migliore la protezione dalle bombe, che si presumeva sarebbero arrivate dalla parte degli Alleati, cioè da Sud. Inoltre, un lenzuolo bianco esposto all’esterno indicava che vi erano soltanto civili.
Nella pianta pubblicata nella seconda pagina è stata ricostruita la dislocazione dei rifugi a Montegridolfo, utilizzando una carta militare italiana che fu ristampata dai tedeschi nel ’44; secondo le te-stimonianze locali, ne sono stati individuati 11; i triangoli al di sopra dei contrassegni indicano il numero delle gallerie (da 1 a 3); ogni rifugio è contrassegnato da un numero con l’aggiunta del nome di chi lo fece e del proprietario del terreno.
Nella Cannarecchia e nei Fondoni ne furono fatti 8: nr 1 Scattolari-Ceci, nr 2 Don Mainardi Luigi, nr 3 Forlani-Longhi, nr 4 D’Andrea Maria, nr 5 Bertuc-cioli-Ricci, nr 6 Mulazzani-Uguccioni, nr 7 fratelli Tasini, nr 8 Lazzari Guido, nr 9 Facondini Dino; nr 10 Staccoli Francesco, nr 11 fratelli Romani.
Dal numero 1 al numero 7 nonché il numero 11, di-slocati nella parte alta di Montegridolfo, furono scavati nel tufo. Gli altri tre furono fatti nella parte bassa: i numeri 9 e 10 erano delle buche nel terreno ricoperte di legname e terra; il numero 8 fu ricavato sotto un pagliaio, dove si rifugiarono anche gli uo-mini delle Pozze rimasti a guardia delle case.
Recupero
Grazie al sostegno della Provincia di Rimini e della Regione Emilia-Romagna, sono stati effettuati lavori per il recupero di due rifugi, del numero 1, detto di Scattolari-Ceci, e del numero 6, detto di Mulazzani-Uguccioni. Oggi è possibile, su prenotazione, abbinare la visita al Museo con una visita guidata ai due rifugi, ammirando un ambiente naturalistico non comune.
Rifugio nr 1, detto di Scattolari-Ceci
Aveva 3 gallerie, due delle quali erano comunicanti. Due ingressi sono crollati a causa delle intemperie che hanno provocato il cedimento dello strato di tufo soprastante. Vi lavorarono Scattolari Vincio, Mag-giolini Luigi e Galli Amato con i figli Virgilio e Alfeo. I lavori proseguirono per circa quattro mesi. Vi si rifugiarono fino a 30 persone tra il 28 agosto e il 4 settembre 1944.
Rifugio nr 6, detto di Mulazzani-Uguccioni
Aveva 3 gallerie con 2 entrate. Il crollo dello strato di tufo soprastante ha ridotto in gran parte la pro-fondità delle gallerie, una delle quali è quasi scom-parsa. Gli ingressi si trovavano circa tre metri più avanti rispetto alle attuali bocche.
Fu scavato nel pendio del terreno dei fratelli Uguccioni Arturo e Giuseppe, ma fu detto anche di Mulazzani Augusto perché questi fornì gli attrezzi della sua impresa necessari allo scavo. Vi lavorarono in molti; diressero i lavori lo stesso Mulazzani, Ferrini Mario e Boschi Luigi. Fu occupato dai civili per oltre una settimana e, nei giorni cruciali della battaglia, contenne circa 90 persone. Davanti al rifugio erano state allestite le cucine con foconi e tegami”.