– L’imprenditore ha molti doveri. Fra questi:
– Intraprendere una attività lecita e non delittuosa o dannosa alla persona o alla comunità.
– Produrre beni o servizi servendosi di persone che devono essere giustamente remunerate e regolarmente tutelate nei loro diritti civili e umani.
– Avere una linea di conduzione aziendale improntata alla verità con tutti e allo spirito di collaborazione, con l’intento di creare un clima di corresponsabilità e di rispetto della legalità e della dignità delle persone, nella diversità delle funzioni e mansioni di ciascuno (imprenditore, dirigenti, impiegati, operai, clienti, fornitori).
– Sapere ed avere ben chiaro che il “profitto” non è il solo bene da perseguire e tutelare, ma insieme al profitto ci sono altri fini da perseguire, primo fra tutti “il bene comune” che dà un orientamento positivo a tutta l’attività economica.
Nel rapporto Imprenditorelavoratore dipendente il clima aziendale di rispetto delle persone, rispetto della legalità, rispetto delle esigenze legittime dei lavoratori e dei collaboratori in genere dipende in gran parte dal comportamento dell’imprenditore e dei suoi dirigenti.
Le loro azioni, infatti, diventano testimonianza di vita e costituiscono il fattore centrale di tutto il processo.
Un imprenditore allora oltre alla bussola del “bene comune” ha anche un altro importantissimo e sintetico riferimento. Il “comandamento nuovo” di Gesù: “amatevi gli uni e gli altri come io vi ho amato”o anche “non fare agli altri quello che non vorresti fosse fatto a te”; questa ultima stesura del medesimo concetto ci aiuterà molto in tutto il cammino che ci resta da compiere.
Infatti, se a prima vista, qualcuno potrebbe obiettare: Va tutto bene, ma che cosa c’entra questo con i rapporti con i clienti, i fornitori e le banche?
La risposta è semplicissima: secondo me c’entra moltissimo in quanto l’uomo non è diviso in tanti pezzi o facce, ma è un tutt’uno, è un “unicum” per cui le regole di comportamento sono le stesse che dovranno essere applicate nei rapporti.
Allora con i miei clienti come mi dovrò comportare?
La risposta viene spontanea e immediata, dovrò mettere in pratica quei criteri cui facevamo riferimento in precedenza che si possono, ripetendoci, sinterizzare in :
– verità e correttezza con tutti. E’ vero che: “ogni scarafone è bello a mamma sua” per cui i nostri prodotti saranno sempre: i più belli, i più buoni, i più convenienti ecc. ma c’è un limite invalicabile, oltre il quale non si può andare non si può ingannare il prossimo né sulla qualità dei prodotti, né sulle condizioni di vendita, sulle garanzie ecc. Vendere pur di vendere non ha senso, è scorretto e non va bene.
– Spirito di collaborazione. I nostri clienti non sono “limoni da spremere”. Sono persone, sono imprese, che oltre che rappresentare un patrimonio aziendale prezioso, per il fatto stesso di essere persone meritano di essere rispettate e tutelate. Cercare di operare in spirito di verità e collaborazione. Ascoltare e fare critiche positive, suggerimenti, proposte operative ecc. fa bene all’azienda (anche alla sua profittabilità) e migliora i rapporti umani.
Quello che vale per i clienti vale anche per i fornitori, qui la nostra correttezza si manifesta nell’essere chiari nelle richieste, corretti nelle pretese, puntuali negli adempimenti previsti (pagamenti, scadenze, reclami ecc.).
I concorrenti, proviamo a considerarli colleghi, persone cioè che fanno il nostro stesso lavoro, che hanno diritto di stare sul mercato come noi con i quali dobbiamo e possiamo ingaggiare una corretta competizione, senza però colpi bassi, calunnie, scorrettezze ecc.
Banche. Sono delle fornitrici e come tali vanno considerate. Ci forniscono il denaro necessario per sviluppare la nostra azienda. Non sono perciò né delle “sanguisughe”, perché ci richiedono il pagamento di interessi (entro limiti corretti), né delle istituzioni dalle quali si può solo pretendere senza nulla dare in cambio.
A volte neppure le informazioni necessarie per dare alla banca la possibilità di valutare bene la nostra impresa. Oppure dare loro informazioni fasulle o alterate. Il rapporto banca impresa deve, anche questo, essere improntato alla massima correttezza e collaborazione reciproca. Spesso a fronte di una malcelata diffidenza delle banche sta anche la riottosità dell’imprenditore a dire la verità o a non fornire i dati contabili richiesti, per cui il rapporto non nasce o nasce male e funziona a stento.
Vi sembrerà ovvio e banale, ma a me piace concludere queste brevi riflessioni con alcune domande del tipo?
– Se un mio fornitore mi dicesse delle bugie sulle caratteristiche della merce che mi fornisce;
– se un mio cliente mi dicesse delle bugie sulla sua situazione economica e alla fine non potesse più pagarmi;
– se un funzionario di banca mi illudesse circa la condizioni che mi pratica, poi scoprissi che ha mentito,
– se una qualsiasi mia controparte non mi restituisse una somma da me indebitamente pagata.
In tutti questi casi, sarei soddisfatto o la cosa mi dispiacerebbe?
di Gianfranco Vanzini