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Home Rubriche L'opinione

“La bellezza per raggiungere Dio”

Redazione di Redazione
6 Ottobre 2006
in L'opinione
Tempo di lettura : 3 minuti necessari
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LA RIFLESSIONE

– Senti che in lui c’è qualcosa in più e di diverso: una fede particolare e una fermezza non meno particolare. “Dio ha un altro metro di giustizia”. Così ha rassicurato padre Benito a chi gli chiedeva le ragioni della fede per un mondo dove spesso l’uomo ha dimenticato se stesso, non si trova. Domanda banale: perché Lui non fa nulla? E quando un amico, non proprio credente, gli racconta che si reputa un fortunato, che è contento del sole del mattino, del lavoro, degli alti e bassi della vita, che non si può assolutamente lamentare altrimenti Lui lo sente e lo punisce, la risposta è avvolgente: “Questa è una preghiera”. Parla della madre con tenerezza.
Padre Benito Maria Fusco dagli inizi di ottobre non è più al convento dei Servi di Maria di Misano Adriatico; è ritornato a Ronzano, un convento su una collina bolognese che guarda il santuario di San Luca.
Padre Benito è un personaggio straordinario, allo studio e al raccoglimento nel segreto della sua coscienza, abbina senza impaccio l’impegno e la lotta. Una mattina di due anni fa, prima di Natale, dice messa nella raffinata chiesa del suo convento. Davanti ha gli allievi con i genitori e qualche amico. Messe uniche, profonde, piacevoli, si vorrebbe che non finissero mai, nell’angolo destro, un gruppo di giovani inizia a disturbare. Benito individua il protagonista, si interrompe, e con voce perentoria gli chiede di spostarsi. La celebrazione termina: “Scusami per averti spostato”. Forse, l’episodio non verrà più dimenticato dagli allievi e dai familiari.
Benito ha alle spalle una vita avventurosa. Di cultura cattolica, all’università di Bologna aderisce a Lotta continua, questa avanguardia intellettuale che oggi è classe dirigente nel Paese. La sua è una chiamata tarda e nasce da una tragedia della sua comunità, Casalechio. Prima trova lavora in Regione, diventa assessore all’Ambiente a Casalecchio sul Reno. La svolta arriva, quando un aeroplano si infila in una classe; muoiono una quindicina di studenti. Benito è profondamente colpito; si fa molte domande, tanti perché. Da solo, in treno, parte per un viaggio: Fatima, Santiago di Compostela. E’ la sua chiamata. Diventa frate dei Servi di Maria, Adriano Sofri, uno dei leader di Lotta continua, esclama: “Al nostro movimento mancava solo un religioso”.
Forse nello spirito dell’ordine dei Servi di Maria si può leggere l’animo di Benito: “Dio si raggiunge attraverso la strada della bellezza”; dove il bello si va a sovrapporre all’espressione più alta di Dio: animo, natura, arte. I Servi di Maria furono fondati nel Medio Evo da 7 amici della buona borghesia fiorentina. E quel ceto sociale esprimeva oltre il servire anche un certo stile di vita.
Mani come vita
Padre Benito Maria Fusco ha scritto una riflessione sulla forza delle mani. Eccola. “Colui che ha fatto risplendere la vita e ha dato splendore e bellezza all’esistenza ci ha fatto con le mani del suo cuore affinché frammenti di stelle corressero per le vene del mondo e insegnassero canzoni bellissime al nostro sangue.
Le mani del cuore generano i gesti della vita e trovano nuove mani creatrici di sapienza, di lavoro, di preghiera, di gioia, di dolore, di incanto.
Mani piene di cicatrici e di verginità.
Mani che fanno risplendere la vita quasi seguissero i mormorii di un’arpa e ci indicassero come sciogliere le vele per raggiungere i moli della giustizia e dell’amore, metafora di bellezza e seduzione del cammino dell’uomo nei percorsi di una storia che è fatta di incarnazione e passione per la vita, nella vita.
Mani che guariscono, che cercano, che trovano, che abbracciano, che mangiano, che accarezzano, che proteggono, che lavorano, che soffrono, che liberano e che ci insegnano che la vita non è nelle cose che facciamo, ma nel come le facciamo. Mani tese, protese, attese; mani di guarigione e di servizio; mani che accolgono, che si ribellano, che pregano e danno del tu a Dio, colui che moltiplica il cuore.
Mani umili e sapienti, docili e libere che scrivendo la storia con la scrittura delle ferite raccolgono le lacrime di Dio e dell’umanità, e a volte riempiono di silenzi l’anima. Mani che sciolgono gli ormeggi e salpano verso albe intatte, che varcano notti e solitudini e si immergono verso quei nuovi perimetri di pace che ci affamano di pane, di sogni e di cielo. Mani di pace che si protendono come mendicanti di luce”.

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