– Giuseppe Gemmani è morto lo scorso 11 agosto; lascia la moglie e sette figli. E’ stato uno dei maggiori protagonisti della vita socio-economica del Riminese. Ingegnere, con gli Aureli e i Nicoletti (poi uscito), titolare dell’Scm, nel dopoguerra progetta l'”Invincibile”, una macchina per la lavorazione del legno che svolgeva più funzioni. E’ anche grazie a Gemmani, se l’Scm è diventata leader a livello mondiale. Attivo anche nel sociale: consigliere comunale di Rimini nelle file della Dc (’56-’85), incarichi nella Carim, Camera di Commercio (’71-’85), presidente degli industriali (’86-’87).
– Pippo, sono io, Gian Carlo, adesso vengo! Ti ricordi Pippo, la nostra Azione cattolica, in anni terribili durante e subito dopo la guerra nella ex chiesetta di via Bonsi, con monsignor Pasolini che ci incitava a lungo con gli occhi chiusi, con don Pippo, Giorgio Amati, Amedeo Brici, Franco Montebelli e tanti altri a preparare e ad agire. Ad accogliere i grandi Carlo Carretto, Luigi Gedda, e in trecentomila baschi verdi prima a Bologna e poi in cinquecentomila a Roma, dal grande Pio.
E la battaglia del ’48 nei ghetti, nelle campagne, sfidando i forconi dei contadini, a parlare, a discutere di democrazia cattolica tra fischi e incredulità. E De Gasperi, Fanfani, e tu che sulla porta di casa mia mi inviti a entrare in politica con gli ideali della nostra Azione cattolica.
Tu, leader riconosciuto, a batterti per l’unione dei cattolici e non per le disunioni rovinose, e mentre inventavi macchine invincibili, ti battevi in politica, servivi la tua città in posti di grande responsabilità, avevi dal cielo e dalla dolce compagna della tua vita, la signora Lucia, ben sette bambini, non dimenticavi di aiutare gli altri. Come me, l’amico Gian Carlo, in momenti difficili, e ogni libro la prima copia era per te. Tu segretario circondariale, con me collaboratore stretto ad accogliere per tutto un pomeriggio un sacerdote di Milano, un certo don Giussani, di gioventù studentesca, che veniva a consigliarsi per una sua idea di Comunione e liberazione.
A pranzo con un famoso presidente del Consiglio che si lamentava di non poter pagare gli stipendi e tu che suggerivi di mandarli a casa quasi tutti. In riunione riservata, a tre, con Ciriaco De Mita, segretario nazionale della Dc e la nostra difficoltà a capirlo col suo irpino stretto.
E invece la fraterna amicizia con Gino Mattarelli, Benigno Zaccagnini, Angelo Salizzoni, e gli amici di Bologna, Modena, Reggio, ora assurti ai vertici nazionali, ma allora pivelli a scuola da te.
Pippo, Pippo, il tentativo con Nino Arlotti di un primo osservatorio attivo per conoscere i consumi turistici di prodotti romagnoli e così incentivarne la crescita produttiva.
Pippo, Pippo, la felice confusione che mi prendeva quando, invitato, sedevo alla tua tavola, guardato con curiosità da quattordici occhi infantili, a gustare le piadine e i cassoni con le erbe della cara paziente signora Lucia, che ringrazio ancora.
E la dolorosa sera in Villa Assunta, a starti vicino, commosso e in silenzio, ad assistere, pregando, alla lenta scomparsa del tuo babbo, accanto alla tua mamma, dagli occhi lucidi, ma dalla grande fede e dignità, mentre vi tenevate per mano.
Pippo, Pippo, adesso a chi porto i miei libri? Il fedele riconoscente amico Gian Carlo di Riccione.
di Gian Carlo D’Orazio