– Roberto Brolli, segretario generale delle Confcooperative della provincia di Rimini: 1) “In generale l’impresa cooperativa è riconosciuta come un modello imprenditoriale importante nell’economia del Paese. Veniamo da 2-3 anni con profondi mutamenti con la riforma del diritto societario sulla mutualità prevalente e non. Ci auguriamo che la normativa non subisca più grandi mutamenti. Avremnmo bisogno che l’Ira venga riguardata, soprattutto nel settore dl sociale, fortemente penalizzato.
2) Abbiamo trovato amici vicini alla cooperazone e lo riscontriamo anche a livello territoriale. L’associazionismo cooperativo ha maggiore visibilità e presa; ci auguriamo che i prossimi eletti non si dimostrino amici solo nella fase pre-elettorale ma anche dopo, come credo”.
Alberto Brighi, presidente Api (Associazione della piccola e media industria) provincia di Rimini. 1) “Chiedere quei servizi e quei supporti che non costano molto, come le decisioni che arrivano sempre troppo tardi rispetto ai tempi di chi fa impresa. Esempio, un problema annoso, sono le aree, che impediscono l’espansione e di guardare avanti con fiducia. Le altre cose la viabilità e la salvaguardia ambientale. Ad esempio il solo stare fermi per strada signfica bruciare energie preziose. Le istituzioni devono stare attente al cambiamento imprenditoriale e ragionare con le associazioni su strumenti nuovi che un territorio si deve immaginare.
2) Le ragioni non stanno solo da una parte, come le colpe. In un momento di trasformazioni non possiamo pensare di tenere il passo senza ragionare su quale tipo di sviluppo seguire. Tutte le realtà di una comunità, politiche, economiche, culturali devono creare un contenitore, quello che l’economista Stefano Zamagni chiama la Fondazone dello sviluppo, per darsi futuro e strategie. Ritengo che una delle cose che le nuove generazioni si aspettano è la salvaguardia dell’ambiente. Non possiamo pensare di risolvere il problema delle polveri sottili senza interventi radicali. Pensando all’ambiente ci sono le potenzialità di far nascere nuove imprese, con nuovi materiali, nuovo modo di costruire, nuovo modo di smaltire. Insomma, ragionare di fare impresa partendo dagli scarti che produciamo. La Cina che si affaccia allo sviluppo ha grossi problemi di inquinamento. Noi che ci riteniamo più avanti, potremmo esportare tecnologie che riguardano l’ambiente. L’Università di Rimini si occupa del riciclaggio dei materiali. Rimini, attraverso il turismo, vende la qualità della vita, se non la preserviamo siamo fuori”.
Mauro Gardenghi, segretario provinciale di Confartigianato. 1) “Le istituzioni possono fare tutto, ma non sostituirsi alle imprese. Il pubblico deve creare l’ambiente ottimale, i cosiddetti fattori esterni, per permettere la crescita alle imprese. Hanno un ruolo fondamentale sulla logistica: strade, ferrovia, aeroporti, autostrade. Credo che la mano dello Stato conti moltissimo, perché mentre un tempo la competizione era tra imprese, oggi, la competizione, è tra territori, tra sistemi produttivi: Cina contro Europa e Usa contro le nazioni emergenti. Dico che Stato, Regioni, Comuni, Camere di commercio, banche se aiutano le imprese fanno il loro giusto dovere. Se facessero tutto per contrastarle, saremmo perdenti. Nel nostro sistema non vedo risorse sulla ricerca, c’è una burocrazia eccessiva. Ad esempio, all’estero in 3 mesi si mette su un’impresa; in italia per il peso della macchina amministrativa ci vogliono tre anni. A nostro sfavore c’è una leva fiscale troppo alta, il costo del lavoro eccessivo. Ecco perché le istituzioni devono essere al fianco e fare sistema. Un altro esempio, a Milano c’è una potentisima fiera, tra un po’ ci sarà quella nuova di Roma, Rimini è bella nuova ma ha bisogno delle istituzioni. Rimini ha perso il Festival del Fitness perché altrove, la Toscana, il sistema gli ha offerto di più.
Salvatore Bugli, direttore della Cna. 1) “La riduzione del costo del lavoro attraverso l’abbattimento del cuneo fiscale e contributivo. Poi l’alleggerimento del lavoro straordinario, così com’è si disincentiva la qualità. Sul fronte fiscale invece il Paese andrebbe suddiviso per aree territoriali. La piccola e media impresa, più colpite dalla concorrenza, andrebbero detassati gli utili reinvestiti, privileggiando chi opera col proprio capitale. Oltre agli ‘aiuti’, gli imprenditori avrebbero bisogno delle semplificazioni amministrative e l’eliminazione di molte norme-ostacolo; lavoro da effettuare attraverso un nucleo di esperti nominati dallo Stato e dalle Regioni. Provvedimenti per recuperare i centri storici, passando attraverso una snella viabilità. Per la filiera delle attività economiche medio-piccole ci vuole credito e finanziamenti agevolati, oggi più ad appannaggio delle grandi imprese.
2) Credo che ci sia l’urgenza di ragionare tra impresa e politica, partendo sugli scambi di informazioni, altrimenti c’è il rischio di non accompagnare il processo di crescita della piccola industria, che riesce ad essere competitiva soltanto se si crea una rete. Però non vedo la volontà di creare un luogo dove le informazioni vengono scambiate. In Italia c’è poca capacità di integrarsi tra chi rappresenta l’impresa diffusa e il governo, più propenso a dialogare con le grandi attraverso Confindustria. In molti casi le imprese hanno sopperito in proprio alla lontanza della politica. La politica è stata ferma sulla ricerca; se si continua su tale strada si rischia di sciupare ricchezze, conoscenze mercati accumulati: poche imprese avranno la forza di reggere la competizione”.
Giancarlo Ciaroni, presidente provinciale della Legacoop. 1) “Alle istituzioni dello Stato si chiede serietà, efficacia e soprattutto che non siano sbilanciate verso qualcuno. Insomma, ci vuole l’equilibrio per creare ambienti favorevoli allo sviluppo in un momento di scarsità delle risorse. Se facessero bene questo, sarebbe già un successo. In generale si pensa che le cooperative abbiano chissà quali privilegi. Non ne vedo. Ad esempio, le aree dove ci sono le due strutture commerciali a Rimini, la Conad e la Coop le hanno strapagate. Stesso discorso dal punto di vista fiscale; semplicemente avviene che le risorse non destinate ai soci vengono reinvestite. Chi ha fatto la cicala non può arrabbiarsi se gli altri poi crescono.
2) In alcuni settori la politica è molto vicino ed attenta. In provincia, il pubblico ha investito moltissimo nel turismo: arredi urbani, fiere, riqualificazione dei borghi dell’entroterra. Negli ultimi anni c’è stata una sorte di monocultura dell’investimento; anche se chi ha avuto dice che non è sufficiente. Giusto gli arredi, giuste le infrastrutture a supporto, ma sono altrettanto determinanti i privati. Ora bisogna passare alle infrastrutture che mancano, per riuscire a fare rete, efficienza e permettere al territorio di essere competitivo. Il primo pezzo di strada però lo deve fare l’impresa al suo interno”.
Adriano Aureli, presidente di Confindustria della provincia di Rimini: 1) “Le istituzioni devono intervenire in cinque settori: lavoro ed energia, tassazione, innovazione, concorrenza.
Nel lavoro: sgravio del 50% dei contributi sui premi aziendali variabili; abolizione delle tasse sugli straordinari; riforma degli ammortizzatori sociali; favorire l’apprendistato; aumentare il tasso di occupazione. Energia: tagliare il costo dell’energia del 20% in cinque anni; diversificazione (carbone, ricerca sul nucleare, fonti rinnovabili); potenziamento dei gasdotti e cinque rigassificatori in tre anni; concorrenza nelle reti. Nella tassazione, devono ridurre il cuneo contributivo: 10 punti in cinque anni con un costo per lo stato di 20 miliardi; riequilibrare le aliquote tra lavoro dipendente e autonomo; mettere in atto la lotta all’evasione e spostare il prelievo della produzione al consumo (Iva); Nell’innovazione: garantire un credito d’imposta pari al 50% delle spese per progetti privati affidati alle università; un credito d’imposta del 10% delle spese in ricerca per dieci anni; promuovere il sostegno per lo start up alle imprese innovative garantendo incentivi per 1,5 miliardi di euro ogni anno. Nella concorrenza affidando ai privati la gestione dei servizi pubblici locali puntando sulla sussidiarietà; devono promuovere l’apertura al mercato dei settori regolamentati (reti, farmacie, taxi, ecc.) e nelle professioni, abolire i tariffari e i vincoli alle società di capitali e alle pubblicità.
2) Quando la politica svolge fino in fondo il suo ruolo non è vicina o lontana alle istituzioni.
Le imprese non vanno favorite, ma neanche ostacolate. Le istituzioni devono semplicemente fare il loro dovere. Devono saper scegliere e prendere delle decisioni in modo che programmi e progetti si realizzino in tempi ragionevoli”.
“Alle istituzioni dello Stato si chiede serietà, efficacia e soprattutto che non siano sbilanciate verso qualcuno. Insomma, ci vuole l’equilibrio”
Giancarlo Ciaroni, Legacoop
“Credo che la mano dello Stato conti moltissimo, perché mentre un tempo la competizione era tra imprese, oggi, la competizione, è tra territori”
Mauro Gardenghi, Confartigianato
“La riduzione del costo del lavoro attraverso l’abbattimento del cuneo fiscale e contributivo. Poi l’alleggerimento del lavoro straordinario”
Salvatore Bugli, Cna
“Le istituzioni devono intervenire in cinque settori: lavoro ed energia, tassazione, innovazione, concorrenza”
Adriano Aureli, Confindustria,
“In generale l’impresa cooperativa è riconosciuta come un modello imprenditoriale importante nell’economia del Paese. Veniamo da 2-3 anni con profondi mutamenti”
Roberto Brolli, Confcooperative
“Chiedere quei servizi e quei supporti che non costano molto, come le decisioni che arrivano sempre troppo tardi rispetto ai tempi di chi fa impresa. ”
Alberto Brighi, Api