Quarant’anni dalla chiusura del Concilio. A dire il vero sembra che la Chiesa più che celebrare quell’evento abbia voglia di dimenticarlo o quanto meno passarlo sotto silenzio. Da molto tempo tira aria di restaurazione. Cosa possiamo attenderci per il futuro?
“In questi 40 anni il mondo ha continuato a camminare e a porre alla chiesa altre e nuove domande aspettandosi risposte sincere e coraggiose. Ma dobbiamo costatare che molto di quel Concilio non è stato assunto in profondità dalle nostre chiese, conventi, movimenti laici? Eppure quante possibilità ci ha offerto. Basti pensare al concetto di chiesa come “popolo di dio”. Ma quello che predomina tuttora è un modello monarchico che ferisce non solo il Concilio ma lo stesso Vangelo: il modello verticistico, imperiale, maschilista ed escludente, piramidale e oppressivo, che si impone nell’attuale congiuntura della chiesa cattolica. Invece di aprirsi all’altro, al diverso, al povero, a somiglianza di Gesù, la chiesa ufficiale si è persa nei riti, nella difesa dei dogmi, nella preservazione delle strutture, nella ricerca del potere? Le chiese sono e devono essere diverse, plurali (cattoliche, evangeliche, ortodosse?) ma unite e conciliari nel servizio umile, coraggioso, profetico, senza pretese, del povero, dell’ultimo? farsi povere con i più piccoli della terra, seminare, agire e vivere la pace? lontane da tutti i poteri che, essendo sempre idolatrici, avvincono a sé? e dire il Padre al mondo! Il Padre/Madre che vuole il diritto e la giustizia, la vita e la solidarietà? Credo che dobbiamo smettere di guardare le strutture della chiesa, che si sono così allontanate dal Vangelo? guardiamo ad un nuovo orizzonte: la quantità immensa di piccoli gruppi di esplicita e non esplicita fede, le nostre piccole comunità che leggono la Parola di Dio, i giovani che si impegnano in tanti servizi e per la pace? e credere nel seme, nel lievito, nel Regno che è già presente in mezzo, dentro di noi, vicino a noi?E darsi da fare!”.
Il grande carisma personale di Giovanni Paolo II ha affascinato folle immense. Ma attirando su di sé l’attenzione, ha come sminuito di significato la chiesa locale riunita attorno al proprio vescovo. Per quale motivo si è fatto evidente un tale fenomeno? In questo modo il papa non scavalca e non nasconde la fatica della costruzione quotidiana delle comunità?
“Credo che esisteranno sempre persone che attireranno o coinvolgeranno altri per un certo fascino che emana dalla loro persona. Noi viviamo circondati da luci, riflettori, media, immagini? In mezzo a tutto ciò c’è molto trucco e imbroglio? Il mondo ha bisogno, noi tutti abbiamo bisogno, di figure esemplari, di persone che, avanzate nella strada del servizio e dell’amore, ci spingano in un cammino di vita e ci ricordino la storia, ci segnalino valori umani? Queste persone però corrono il rischio dell’incantesimo dei riflettori e di dimenticare che ci sono altri nel mondo oltre loro. Tutte le persone hanno carismi, doni capacità, competenze da mettere a disposizione della comunità per farla crescere. Il leader vero è quello che è esperto nel far crescere, nel far emergere l’altro e la comunità. Una chiesa importante e piena di storia come quella di Roma e il suo vescovo non possono e non devono essere una super-chiesa e un super-vescovo, ma servi di tutte le altre chiese, per farle crescere ed emergere in tutta la loro diversità e originalità. A somiglianza di Giovanni Battista che si è ritirato nell’ombra all’apparire di Gesù, così le chiese madri devono ritrarsi, in un certo senso “scomparire”, perché le nuove chiese, suscitate anch’esse dall’unico e stesso Spirito, possano sviluppare pienamente i loro carismi e farne dono all’unica Chiesa e al mondo”.
La Teologia della Liberazione ha coinvolto intere comunità con metodologie pastorali nuove e originali. Perché tanta opposizione o idiosincrasia da parte di Roma? Quale al momento presente la vitalità di tale teologia?
“Penso che i centri di potere hanno sempre paura del nuovo, del diverso. L’Africa, l’America Latina, l’Asia, devono imparare dai paesi nord-occidentali in tutti i campi? anche in quello religioso. La chiesa di Roma ha sostituito l’impero romano ma ne ha mantenuto l’ideologia che ne sta alla base, quella cioè di imporre la propria cultura e teologia, costumi e riti, impedendo ed eliminando qualsiasi diversità. La Teologia della Liberazione fu ed è la voce e l’opportunità per le comunità lontane, fatte da poveri contadini, operai, indigeni, donne, giovani per assumere e vivere il progetto di Gesù. I poteri locali (civili in primo luogo, ma anche alcuni vescovi e preti) hanno combattuto la Teologia della Liberazione perché minaccia il potere, quella piramide di cui si parlava prima. Soldi, potere, influenza… saranno sempre le grandi tentazioni di tutti noi, e ciò vale anche per la chiesa. La Teologia della Liberazione continua e vivrà sempre perché è Vangelo. E’ l’antico fiume che innaffia ‘alberi che producono dodici volte all’anno (Apocalisse)’; fiume che ha zampillato nella voce dei profeti, che è emerso così vigoroso in Gesù Cristo, fiume che l’infamia dei grandi ha sempre cercato di coprire di terra ma che sempre torna a riemergere non si sa nè dove né quando, come il vento dello Spirito.
Nel Luglio del 2005, più di 4000 persone, in rappresentanza delle comunità ecclesiali di base si sono radunate nello Stato di Minas Gerais in Brasile per approfondire l’opzione di Gesù per gli esclusi della società. Migliaia di piccole comunità seminano, leggono, studiano la Bibbia nel metodo popolare (vita-testo-impegno nel quotidiano e nella storia); movimenti forti come il M.S.T., il M.P.A., il M.A.B., movimenti fra i più importanti dell’America Latina, esistono e traggono vigore grazie alla spinta della Teologia della Liberazione. Molte comunità si incontrano per celebrare la Parola di Dio (il 70% sono senza preti e l’85% di queste sono coordinate da donne) e condividere la vita. La Teologia della Liberazione continua e oggi è ancora più ricca. Non è certo l’unica voce dei poveri ma certamente è al loro fianco, come il vangelo, nella ricerca della giustizia e della dignità, diritto di ogni persona”.