– “Dondolo”, al secolo Giorgio Gennari, muore il 21 dicembre del 1996, alle quattro del pomeriggio, sulle nevi di Rocca Pietore, Marmolada. Ha soltanto 55 anni; viene accolto dalla bellezza della montagna durante un fuori pista troppo ardito.
Il soprannome “Dondolo” glielo appiccicò addosso tanti anni prima Fiorenzo Mancini, per via di un’andatura elegante che ricordava quella di un ballerino. Forte, sano, appassionato degli sport, si vantava di non aver avuto che un leggero mal di testa nel ’62 e un principio di raffreddore nel ’71. Ma quando gli capitava un dolorino in qualche angolo marginale del corpo, appesantiva gli amici: “E’ successo anche a te? Passa! Non è vero?”. E i suoi malori come erano venuti se ne andavano. Per i morcianesi Dondolo era un personaggio vicino e distante, allo stesso tempo. Pacca sulle spalle, battuta sempre pronta, rompeva la discussione seria con una “patacata”. Ma possedeva la virtù di non disturbare; dietro la banalità delle uscite leggere, buone letture, sempre dissimulate.
Perennemente in tuta, amava gli sport solitari, nei quali primeggiava: nuotare, cavalcare, sciare, camminare, il tennis. I suoi scontri incrociando la racchetta di Luigi Vanni sono passati alla piccola-grande storia cittadina. Si vantava di giocare un tennis-champagne. E sugli sci aveva “brevettato” la “Dondolite”, una specie di giravolta alla fine della discesa. Poi la si era messa a fare in piena velocità per sorridere con gli amici. Memorabili le sua cadute e non solo. La storia personale di “Dondolo” è molto morcianese. I genitori, ambulanti, andavano per mercati. Poi, la madre che disegna vestiti e lui che segue la produzione e la vendita alle boutique.
La sua vita è una lunga serie di aneddoti che danno il senso del personaggio. Una sera, anni Settanta, Vallechiara discoteca, Riccione. Un gruppo di amici, Alessandro Del Magno, Franco Berardi, Giuseppe Bordoni, Mino Cervelieri, sono in cerca di avventure. La serata è magra. Si avvicina Giorgio Gennari: “Ragazzi, sapete dove sono le tedesche?”. In coro, seri: “No!!!”. “In Germania!”.
Ma il capolavoro della sua vita, raccontano gli amici, fu accudire il padre. Lo curò con affetto e dedizione, con i frutti che si videro dopo molti anni. Ricorda Del Magno: “Giorgio stava bene con se stesso. Due anni prima della morte aveva iniziato a suonare il pianoforte, perché la musica aiuta a mantenere giovani. E aveva raggiunto, lui così metodico, ordinato, preciso, un buon livello”. Tra le sue civetterie il parrucchino; ma nessuno ha mai capito se fosse vero e se fossero i suoi capelli naturali. E nessuno ebbe mai l’ardire di chiederglielo.
Gli amici di Morciano per ricordare i 10 anni della sua scomparsa, hanno organizzato una cerimonia a Rocca Pietore (Belluno) il 16 dicembre, dove c’è già una lapide a ricordarlo. Il circolo tennis di Morciano porta il suo nome; il giorno dell’inaugurazione scese a Morciano anche il gruppo folcloristico veneto a sottolineare la sua capacità di saper farsi voler bene.
Che possa continuare a praticare le sue passioni con leggerezza.