– La progettazione del verde, e in particolare del verde pubblico, richiede competenze specifiche, tra cui nozioni tecniche, capacità compositiva, gusto estetico, e non ultima, la conoscenza dei materiali e della vegetazione da impiegare.
I materiali devono essere scelti in funzione delle loro caratteristiche tecniche, della loro durata nel tempo, oltre che naturalmente delle loro qualità estetiche.
La vegetazione è un materiale vivo e mutevole nel tempo, che cresce, si può ammalare, e richiede interventi di manutenzione costanti e programmati. Le caratteristiche climatiche, antropiche e pedologiche dei luoghi influenzano fortemente la possibilità di sopravvivenza e di sviluppo delle specie.
Non è un caso che si citino sempre più spesso le specie autoctone, perché sono quelle che hanno dimostrato e dimostrano di adattarsi meglio all’ambiente in cui si trovano, anche se subiscono le influenze antropiche, come ad esempio l’inquinamento, o la mancanza di acqua dovuta all’impermeabilizzazione dei suoli.
Non è un caso neppure che alcune specie, importate da altre zone climatiche, non riescano ad acclimatarsi nella nostra area, come ad esempio le palme, che devono essere protette durante l’inverno poiché altrimenti perirebbero.
Perché poi troviamo ulivi centenari piantati nel bel mezzo delle rotonde?
Non si tratta di mettere in dubbio le qualità estetiche della vegetazione di cui sopra, ma di sottolineare il rapporto che questa intrattiene con l’intorno e i costi supplementari legati alla scelta di specie non adatte. Le palme sono originarie delle zone tropicali, e si inseriscono perfettamente in quel contesto paesaggistico, non nel nostro. Gli ulivi non fanno parte del nostro paesaggio, e men che meno del contesto urbano. Alcune specie poi, sono talmente invadenti da impedire lo sviluppo di altri tipi di vegetazione, tra queste le robinie, l’ailanto e l’eucalipto. Le conifere, (abeti, cedri, tuie?) tipiche di climi più freddi e dei paesaggi montani, si sono diffuse nelle nostre città e ci siamo abituati alla loro presenza al punto tale da non provare più quella sensazione di spaesamento che dovrebbe provocare la loro vista in prossimità del mare.
E tutto ciò, come già detto, ha un costo, che può essere limitato, in quanto un buon progetto del verde prevede l’impiego di piante che richiedano interventi di manutenzione ridotti, in termini di irrigazione, potature, sfalcio, sostituzioni.
Ma non basta semplicemente utilizzare piante appartenenti a specie autoctone per realizzare un progetto valido, perché il progetto paesaggistico è un organismo complesso, che deve rispondere a una serie di criteri legati al contesto specifico, come ad esempio quelli legati alla funzionalità, alla vivibilità, all’estetica, all’economia?e per questo è auspicabile rivolgersi a professionisti del settore.
Cosa succede all’estero?
All’estero i giardini, il verde pubblico e i parchi ci sembrano più curati. Perché?
Nei casi specifici della Francia e della Germania, che conosciamo direttamente, abbiamo individuato tre ragioni fondamentali:
· il riconoscimento della figura del paesaggista, come il professionista che si occupa della sistemazione degli spazi aperti;
· la formazione, attraverso corsi di laurea in architettura del paesaggio, istituiti a partire dagli anni “60;
· la procedura di affidamento degli incarichi pubblici per le sistemazioni a verde prevede necessariamente la figura professionale del paesaggista, sia nel caso di incarico diretto, sia nel caso di concorsi (a questo proposito ci piacerebbe approfondire la ragione per cui in Italia sono tanto diffusi i concorsi di idee e non abbastanza quelli di progettazione).
di Marialusia Cipriani e Claudia Mori Architetti del paesaggio