– “Piccole cose di mare d’altri tempi” – dai Racconti vissuti di nonna Marianna negli anni ’40.
“Arrivano i sardlér”
Verso sera scendevano a gruppetti lungo le vie che conducevano al porto. Partivano per la pesca di sardine al tramonto per tornare la mattina seguente. Il mare era calmissimo, il cielo terso in quelle sere d’estate. Ognuno portava qualcosa, la spesa per la barca, la biancheria pulita, il rotolo dei bizulà (ciambelle pane duro) i cestini vuoti per la muséna (quota pescato divisa tra marinai) ecc.
I più giovani si fermavano davanti alle finestre del piano terra dove le loro ragazze preferite lavoravano presso le sartine per imparare a cucire, e tra un punto e l’altro ammiccavano con pudore un sorriso al loro preferito. Erano bei ragazzi i pescatori e in autunno diversi si sarebbero sposati perché desideravano mettere su famiglia al più presto possibile.
Al mattino seguente sulla spiaggia la gente guardava in mare in direzione del porto e all’orizzonte spuntavano le prime cime colorate delle vele. Allora bagnanti e cattolichini in gruppo andavano sul porto a vedere il ritorno dei sardlér (battelli per la pesca delle sardine). Era uno spettacolo mai più ripetibile oggi. Entravano in fila indiana e si disponevano in circolo lungo la banchina. Il rumore dei motori era assordante ma piacevole. Il pesce nelle cassette disposte sulla coperta della barca luccicava al sole facendo un caleidoscopio di colori. A coperta le barche erano troppo cariche, l’acqua del porto arrivava al bordo per il peso del pesce trasportato. Era tutto un vociare: Tugnon (Marchetti) 40 casse, Trancèt (Tommasini) 50 casse, Baztén (Pozzi) 70 casse e così via.
Ora venivano tutte scaricate sulla banchina in parte andavano al mercato in parte alla pescheria. Erano grandi pescate, floride stagioni. Baztén era sempre il primo forse aveva una sirenetta che lo avvisava dove l’indomani sarebbe passato il branco. Possibile no! Era esperienza e mestiere, molto mestiere. Il giorno dopo quando la barca di Baztén partiva gli altri piano piano si mettevano sulla sua scia. (continua)
di Antonio Barbieri