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Ci sarà la guerra per l’acqua?

Redazione di Redazione
15 Gennaio 2007
in L'opinione
Tempo di lettura : 2 minuti necessari
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LA RIFLESSIONE

– A occhio nudo non si vede. Per scoprirlo, più o meno a fondo, non è servito un rabdomante, ma sono state utilizzate le migliori tecnologie a disposizione (anche se gli antichi indios della regione già lo conoscevano da diverse centinaia di anni). Si tratta di un vero e proprio mare sotterraneo, tanto grande da non saperne ben definire le dimensioni. E’ il ‘bacino acquifero Guaranì’, attualmente conosciuto come la terza maggiore riserva sotterranea di acqua dolce del mondo. Questo bacino potrebbe tranquillamente soddisfare le esigenze di, più o meno, 720 milioni di persone, con una quantità personale giornaliera di circa 300 litri di acqua. E per questo fa gola a molti.
Gli interessi. Chi può avere interesse a controllare questa regione tanto ricca di risorse? Beh, un po’ tutti. Le grandi multinazionali dell’acqua ad esempio, in massima parte europee, che avevano già messo gli occhi addosso alle riserve acquifere e degli idrocarburi presenti in Bolivia, e che adesso farebbero lo stesso con quelle del Paraguay, del Brasile e dell’Argentina. Ma anche gli Stati Uniti che da qualche tempo hanno preso possesso di una base nel nord del Paraguay, ma comunque vicino alla Tripla Frontera, non lontana dalle riserve boliviane d’idrocarburi. Lo scopo ufficiale è quello di controllare meglio i movimenti dei gruppi libanesi (gli Hezbollah) e palestinesi (Hamas) presenti da oltre quarant’anni nella regione e che secondo l’amministrazione statunitense potrebbero organizzare campi di addestramento militare nella zona. La presenza di terroristi, di formazioni pronte a colpire con attentati è però sempre stata smentita dalle autorità e dai servizi segreti paraguayani. Ma non sarebbe la prima volta che gli Stati Uniti, per la lotta al terrorismo, costruiscono basi militari in aree calde del mondo. Considerando che la regione è molto calda dal punto di vista del fermento e delle proteste popolari (vedi le manifestazioni continue in Bolivia, i movimenti popolari dei lavoratori in Brasile e la situazione economica in Argentina), e considerata anche la presenza di enormi giacimenti, di tutti i tipi, dal gas naturale all’acqua al petrolio, che si trovano in questa regione dell’America Latina, questo giustificherebbe la necessità Usa di difendere le operazioni militari nella regione.
I numeri dell’interesse. Il bacino acquifero Guaranì ha una superficie di circa un milione e duecentomila chilometri quadrati. Il 70 percento di questo mare sotterraneo appartiene al Brasile, il 19 percento all’Argentina e il 5 percento rispettivamente a Paraguay e Uruguay. Fino ad oggi però non si conosce la sua grandezza totale tanto che si ignora quali siano i suoi limiti nella parte occidentale, quella che corrisponde al Paraguay. Alcuni studiosi ritengono questo bacino tanto grande che la sua estensione arrivi fino ai grandi laghi della cordigliera andina in Argentina.
Un impero “imbottigliato”. L’industria dell’acqua muove circa 8 miliardi di dollari all’anno pur controllando solamente il 5 percento dell’acqua dolce del mondo. L’industria dell’imbottigliamento dell’acqua supera in fatturato quella dell’industria farmaceutica. Negli Stati Uniti paradossalmente un gallone d’acqua imbottigliata costa molto di più di un gallone di petrolio, e questo è indicativo dell’interesse dell’amministrazione Bush verso le grandi riserve di acqua presenti soprattutto in America Latina. Il commercio dell’acqua ha avuto il suo boom negli ultimi dieci anni. All’inizio degli anni Novanta erano solo 50 milioni le persone che pagavano per comprare acqua, oggi sono più di 300 milioni. Ma il dato più grave è che su 6 miliardi di abitanti del mondo, più di un miliardo non ha accesso all’acqua e più del doppio vive in condizioni sanitarie precarie.

Alessandro Grandi
(Fonte Peace Reporter)

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