– Il Santuario della Cella – o Madonna di Bonora di Montefiore – si è guadagnato in diocesi un suo onorevole posto.
La gente, da lungo tempo, ama recarvisi. Oggi prevalentemente in auto, ieri anche a piedi. Questo è il classico pellegrinaggio!
Oggi, molti ex-voto sono stati collocati altrove, ma quando ero piccolo ricordo che le pareti interne della chiesa erano letteralmente tappezzate da questi quadretti. Dietro ognuno di questi c’era una “triste storia”, se proprio non vogliamo parlare di miracolo o di Grazia ricevuta. Ho usato questo termine perché, ancora bambino, non riuscivo a capire il significato delle tre enigmatiche lettere Pgr… enigma facilmente risolvibile con l’interpretazione “Per grazia ricevuta”.
Nel Santuario di Montefiore c’è una bella immagine della Madonna che appunto si trovava nella Cella di Bonora di Ondidei, eremita dei tempi passati.
Ma non solo la gente mostra devozione ed interesse per questo sito, ma anche la struttura curiale. Basta pensare a due fatti incontestabili. Nel periodo del passaggio del fronte, in occasione dell’Ultima Guerra, il Seminario Diocesano si è trasferito da Rimini a Montefiore! In seguito poi le vacanze estive dei seminaristi per molti anni si sono svolte proprio qui alla Cella.
Tale santuario è stato ripreso in mano all’inizio del 1900 dai due fratelli sacerdoti Sanchini, don Pio e don Tommaso. Personalmente ho avuto il piacere di conoscere quest’ultimo e di servirgli la messa.
Impossibilitato a seguirlo adeguatamente a causa dell’età, il Santuario è stato affidato fino al 1956 alla cura dei padri Paolotti. Per intenderci meglio, quelli che a Rimini hanno la chiesa proprio in piazza Tre Martiri, appena dietro al monumento ai Caduti.
Così nel 1956 arriva come Rettore il giovane don Emilio Maresi, del quale qui intendiamo parlare.
Ho usato l’aggettivo “giovane” perché era stato ordinato sacerdote appena nel 1950. Nell’intervallo fra l’ordinazione e la Cella, era stato parroco a Castelleale.
Desiderando doverosamente tracciare anche un profilo spirituale del personaggio, chiamiamolo pure così! Penso che il detto popolare che lo inquadra meglio sia quello citato nel titoletto: “Scarpe grosse e cervello fino!”.
Di famiglia, diciamo, campagnola, non era il top della raffinatezza e dell’eleganza. Da qui le “scarpe grosse”. Però la testa ed anche la sensibilità e la pazienza c’erano tutte! Scherzando potrei dire che era proprio figlio di suo padre “Manghìn”.
Ho citato anche la virtù della pazienza perché era persuaso che alla fine la storia avrebbe fatto giustizia, come nel caso diventato di pubblico dominio del cambio fraudolento dei lampadari di Murano del Santuario. Così infatti è stato!
Fatte poche eccezioni, la pazienza a volte scappa anche ai santi! E’ stato sempre molto benevolo con le richieste spesso assurde della gente. Una battutina simpatica scioglieva spesso nodi apparentemente intricati.
“Di lui ci si può fidare!”, diceva la gente e questo non è un elogio da poco!
Si è poi tirato in disparte con discrezione, senza suonare troppe campane ed ha dato una buona mano al giovane successore, don Ferruccio Cappuccini che veniva proprio da un altro mondo!
Infatti, per ben diciotto anni era stato cappellano all’ospedale di Rimini ed era esperto in problemi di salute, non solo spirituale ma anche fisica!
Come spesso succede nella vita, anche a lui capiterà che dopo essere stato apprezzato discretamente in vita riceverà presto l’aureola di santo quando ci avrà lasciato!
Con questo non mi auguro che ci lasci presto: tanto l’aureola può aspettare.
Per meglio inquadrarlo storicamente e geograficamente, possiamo ricordare che è nato a Poggio Berni il 19 luglio 1926. I suoi genitori che lo hanno seguito a Montefiore, si chiamavano “Manghìn” (Domenico) e la Culomba. Bravi genitori anche perché hanno avuto un altro figlio, più giovane, oggi defunto, don Mario.
Tutti i devoti della Madonna di Montefiore conoscono don Emilio. Non solo per la simpatia che sapeva offrire, ma anche per il fatto – quasi un record – che qui fedele è rimasto dal ’56 al 2004, in pratica ben 48 anni! Meritava di fare le Nozze d’Oro!.
Gli anni sono stati lunghi, ma anche molto movimentati. Pensate alle ristrutturazioni che ha dovuto fare, ai tamponamenti del terreno che avrebbe portato il Santuario nel sottostante torrente Ventena ed infine alla convivenza con il Seminario durante i mesi estivi!
Con genitori ormai anziani, a loro volta bisognosi, è stato seguito nella gestione della casa dall’Esterina Pratelli, brava ma che magari qualche volta metteva il naso anche in problemi non di sua stretta competenza, ma “dalla vita non si può avere tutto”.
Pur discreto, si è inserito bene anche nel paese di Montefiore. Non ha mai avuto problemi seri con i parroci del paese. Ne cito due: don Quinto Casadei Menghi e don Pericle Nicolettti. Attualmente, don Emilio presta un prezioso servizio a Morciano, collaborando con il parroco don Luigi Ricci, originario dell’Inferno, cioè di Onferno di Gemmano.
di Pier Giorgio Terenzi