– La prima volta che ho incontrato Nino Fuzzi è stato, circa tre anni fa, in occasione di un service del Lions Club Cattolica sull’erosione marina. Ricordo che nell’occasione è intervenuto nel dibattito con un’educazione ed una timidezza che si scontravano con l’immagine del “padre padrone” della Cooperativa bagnini che molti, ingiustamente, gli avevano attribuito. La seconda volta l’ho incontrato nel periodo pre-elettorale quando Forza Italia propose la mia candidatura a sindaco di Riccione e Nino Fuzzi accettò di far parte della mia lista.
A dire il vero la scelta che fece non fu improvvisa ma a lungo meditata e soprattutto fu preceduta da serrati confronti con le persone a lui più care fra le quali l’avvocato Luciano Manzi, di cui aveva stima e fiducia, che non riuscendo a farlo desistere lasciò intuire un debole assenso. Ciò fu sufficiente perché Nino si gettasse subito nella mischia senza risparmiarsi, anche fisicamente, con la spalla lussata a causa di una sciocca caduta conducendo una campagna elettorale tutta sull’arenile, bagnino per bagnino. La cosa straordinaria, per me che l’accompagnavo, fu che di ognuno conosceva la storia familiare che immediatamente mi rappresentava: ecco i Corazza, i Pronti, i Casadei, i Mulazzani, Cis-Bròsch (credo si scriva così), Speranzino, ecc.
Entrato in consiglio comunale si è immediatamente distinto per lo straordinario interesse sul piano spiaggia, sullo stato di salute del mare, sull’erosione, oppure ancora sulla darsena di Cattolica futura minaccia per la spiaggia della sua amata Riccione, ma di questo parlano già gli atti comunali per cui non voglio soffermarmi. Ciò che mi piace ricordare sono, invece, le molte ore della notte trascorse, dopo il Consiglio, sul marciapiede del comune, quando accompagnati dalla luna e dalle stelle e dal silenzio, mi faceva vivere, attraverso i suoi racconti, la vita marina e marinara del dopoguerra, del boom economico, degli anni ’70, di quando la spiaggia era fatta di dune (perché i Verdi ancora non c’erano!), del contrabbando di sigarette e delle lotte per la vita della Cooperativa.
I suoi aneddoti mi regalavano momenti di straordinaria allegria.
Credo e spero di aver ricambiato quei momenti, facendo felice Nino due volte: la prima quando gli regalai la foto che ci ritraeva con Romano Mussolini sulla terrazza di Villa Mussolini in occasione dell’inaugurazione (quel giorno di luglio ebbi la fortuna di assistere al loro dialogo, era il dialogo di due nonni che evocavano i giorni della loro infanzia dei loro giochi e delle loro interminabili partite a tennis interrotte dal richiamo per la cena di Donna Rachele).
La seconda volta, invece, fu quando gli regalai un libercolo sul socialismo riminese contenente la foto che lo ritraeva, insieme ad altri compagni socialisti (fra i quali si riconosceva il dott. Vincenzo Di Falco con il figlio, vestito coi pantaloni corti, sulle ginocchia) all’inaugurazione della sede del partito socialista di Riccione. Potrei continuare col ricordare anche un altro Nino: quello offeso dall’arroganza e dalle ingiuste minacce di qualche avversario politico, quello offeso per il comportamento di alcuni suoi amici e soci della Cooperativa, ma non lo faccio perché sicuramente lui non vorrebbe ed allora rinuncio per ricordarlo come uomo mite, onesto, volenteroso, amante del “suo” mare, della “sua” spiaggia e soprattutto innamorato dei suoi figli di cui era orgoglioso. Ancora un uomo che, nell’ultimo istante della sua vita, ha voluto pensare agli altri chiedendo scusa per le sue mancanze e regalando a tutti nel momento del cordoglio un momento di serenità.
Per questo mi rimarrà negli occhi e nel cuore l’immagine dell’ultima mia visita al suo capezzale quando allontanandomi, benché fosse già privo di forze, mi ha serenamente sorriso e fatto ciao con la sua mano sinistra che fino a qualche istante prima aveva stretto la mia.
Ciao Nino, grazie e che i gabbiani ti accompagnino in cielo.
di Marzio Pecci