– Se pensare la politica è pensarne gli attori, dunque analizzarne le loro decisioni, i loro fini, i loro mezzi, il loro universo mentale, come ha scritto una delle menti più belle del secolo scorso il francese Raymond Aron, Antonio Gabellini ha compiuto un bel gesto, non meno che raro e nobile. A Cattolica non proprio una rarità. Prima di Gabellini avevano lasciato la poltrona Giovanna Ubalducci e Massimo Gottifredi, ma per altri motivi. Gabellini si è trovato su una montagna di debiti (105 miliardi delle vecchie lire, ogni cattolichino indebitato per 70 milioni a testa, anche i neonati) ed una certa bizzarria nei costumi: 18 carte di credito pubbliche nelle mani di assessori e dirigenti; (oggi ce l’ha soltanto Giovanni Ruggeri, assessore al Turismo), tre auto di rappresentanza (tutte Mercedes, viva il Made in Italy?). Non proprio in tinta con il rigore e la sobrietà che dovrebbe distinguere il pubblico dall’opinabile creatività del privato.
Diessino, area riformista (che cosa vuol dire?), impiegato al Comune di Riccione, fino allo scorso 27 giugno è stato assessore al Bilancio, Personale e Organizzazione. Era il suo primo incarico amministrativo. In precedenza era stato consigliaere con Micucci sindaco, e consigliere provinciale dal ’99 al 2004.
Perché si è dimesso?
“E’ venuto meno l’obiettivo del 2004: lavorare con forte determinazione per rinnovare l’amministrazione e risolvere i problemi. Mi sono battuto per due cose: risanare il bilancio (messo peggio di quanto si pensasse) e riformare una macchina comunale con una spesa del personale abnorme rispetto agli altri Comuni.
Ho affrontato questi problemi in maniera molto decisa. Chi mi critica afferma che ho fatto tutto troppo rapidamente, ma io lo considero un complimento. Me ne sono andato perché non c’erano più le condizioni per portare avanti ciò che ritenevo utile”.
Quali sono i numeri?
“Il Comune aveva 226 dipendenti, oggi ne ha 202; i dirigenti erano 11, scesi a 6. I debiti erano 54 milioni di euro, portati a 46, con l’obiettivo di giungere a 33-34 entro il 2009. Ho trovato un bilancio ordinario che accumulava ogni anno 500mila euro di disavanzo e l’abbiamo portato in pareggio. Tutto ciò senza tagliare neppure un servizio. Abbiamo finanziato l’aumento contrattuale senza chiedere un euro ai cittadini, anzi abbassando l’addizionale Irpef”.
Che ambiente si respira nella giunta Pazzaglini?
“All’inizio, come Ds, si giocava di squadra. Sostegno leale al sindaco, ma senza subalternità. Poi sono subentrate le divisioni, e si è cominciato a giocare di sponda. A me il gioco di sponda non piace. E fare l’assessore per scaldare la poltrona o andare ai convegni non interessa”.
Qual è la sua idea di politica?
“Me la rappresento come un luogo dove al centro ci sono i valori, i progetti e le idee. Che si confrontano, e si scontrano. A volte si vince e a volte si perde. Il fine della politica devono essere sempre le persone e il potere deve essere sempre un mezzo. Purtroppo nella politica di oggi il rapporto spesso si capovolge: il potere diventa il fine, le persone diventano uno strumento, e le idee non contano nulla.
E allora la politica offre il peggio di se stessa: opportunismo, conformismo, carrierismo, piccolo calcolo di bottega. In una parola: mediocrità”.
Si riconosce degli errori?
“Sì. Se ne fanno, specialmente quando si tratta di esperienze intense. Sono stato troppo timido nel raccontare le difficoltà. Si poteva fare ancora di più nella lotta agli sprechi e all’inefficienza. Ho eliminato le carte di credito ma non sono riuscito a vendere nemmeno una delle tre Mercedes. Mi sarebbe piaciuto adottare il bilancio partecipato, coinvolgendo di più associazioni e cittadini. Spero che queste cose riesca a farle il mio successore”.
Chi è Pazzaglini?
“E’ una persona con la quale ho collaborato con lealtà in questi tre anni. Lui sa che nel 2004 avrei preferito un altro candidato, ma ho lavorato perché venisse eletto come espressione della coalizione nella quale c’era il mio partito”.
Andavano vendute le farmacie?
“Sì. Credo che abbiamo messo in piedi un’ottima operazione. Attraverso l’affitto (e non la vendita) abbiamo accolto, in parte, anche le preoccupazioni dei promotori del referendum”.
Come vede Alessandro Bondi, candidato a sindaco dell’Arcobaleno?
“Ha rappresentato qualcosa di importante. Ha raccolto la profonda domanda di rinnovamento presente in città. Dobbiamo dare segnali di apertura, confrontandoci con le idee che lui rappresenta. Ma lui non deve rimanere rinchiuso nel recinto dell’opposizione. Per il 2009 si potrebbero recuperare le divisioni di questi anni, lavorando su un progetto comune per la città”.
E Mascilongo, il segretario dei Ds?
“Purtroppo non siamo riusciti a trovare una sintonia. Forse perché abbiamo un’idea diversa su quello che dovrebbe essere il nostro partito oggi, la cultura politica che dovrebbe esprimere”.
Che cosa umilia di più la politica?
“Il malcostume. I privilegi. Ma anche la mediocrità. La politica non può essere solo calcolo, deve essere anche coraggio, innovazione, cultura del rischio”.
Pazzaglini sarà il candidato nel 2009?
“Lo può essere come chiunque altro; il candidato a sindaco si dovrà scegliere con le primarie, sulla base di un programma. Non dobbiamo ripetere l’errore del 2004, quando si scelse prima la persona, poi l’alleanza, infine il programma”.
Come si definirebbe?
“Uno che ha delle idee, le confronta e accetta il rischio che non siano condivise. Sono diretto e schietto, e questo in politica non aiuta. Non sono un calcolatore, cerco di non pensare mai a quello che può essere più conveniente, ma fare quello che mi sembra più giusto”.
Cattolica ha troppo cemento, che dice?
“Il cemento è stata la storia di Cattolica dal dopoguerra ad oggi. Dobbiamo mettere in campo una cultura nuova fatta di qualità ambientale, che è quello che richiede anche il turismo. I nuovi strumenti urbanistici vanno in questa direzione”.
Nella sua vita chi ha contato di più come esempio?
“I miei genitori”.
di Giovanni Cioria