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Il papa contro l’evasione fiscale

Redazione di Redazione
10 Settembre 2007
in L'opinione
Tempo di lettura : 3 minuti necessari
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– Attendibili ed autorevoli fonti della riva destra del Tevere assicurano che Benedetto XVI sta lavorando ad una enciclica sui doveri fiscali del cristiano, che sarà pronta a fine anno.
Personalmente attribuisco notevole importanza all’evento, perché in quell’enciclica sarà contenuta una condanna, senza se e senza ma, della colossale evasione fiscale realizzata dai nostri supermiliardari mediante la collocazione dei loro capitali nei cosiddetti paradisi fiscali d’Europa e di oltre Atlantico. Una vera bomba, dopo la quale i nostri preti, assai probabilmente, metteranno finalmente nelle loro omelie quella condanna dell’evasione fiscale che il cattolico presidente del Consiglio, recentemente, ha invocato a ben giusta ragione, quando ha osservato che quel reato, pur stigmatizzato dal Catechismo, è per lo più ignorato nelle chiese cattoliche. La decisione di Benedetto XVI è di tale portata da meritare una valutazione storica, che la inquadri nell’avvio di un pontificato assai discusso. Credo di avere qualche titolo ad occuparmi della questione, soprattutto dopo essere stato invitato a tenere una lezione su Ercole Consalvi, a latere del segretario di Stato cardinale Tarcisio Bertone (che mi ha fatto un’ottima impressione), l’8 giugno scorso in Campidoglio. Tale valutazione non può non partire dalla stessa elezione del nuovo papa. Questa, infatti, è avvenuta in un momento in cui veniva data come possibile, se non probabile, l’elezione di un esponente ecclesiastico della Chiesa dell’America latina, costretta a far fronte alla concorrenza delle Chiese protestanti.
Il conclave, si sa, non elesse un pontefice latinoamericano. Preferì eleggere un papa europeo. In tal modo restò deluso, per esempio, quel cattolicesimo latinoamericano che ha espresso decine di migliaia di comunità di base aderenti alla Teologia della liberazione, nata con la denominazione dell’omonimo libro pubblicato nel 1971 dal sacerdote peruviano Gustavo Gutierrez ed incorsa nell’ostilità di Giovanni Paolo II (e dell’allora prefetto della Congregazione per la dottrina della fede Joseph Ratzinger, il cardinale che ha indotto il teologo Leonardo Boff, coltissimo fautore della Teologia della liberazione, a lasciare il sacerdozio, dopo averlo chiamato a Roma a “discolparsi”).
Eppure un seguace di Boff, il frate domenicano brasiliano Carlos Alberto Libanio Christo (Fratel Betto), ha osservato che, condannando la guerra di Bush contro l’Iraq, Giovanni Paolo II aveva fatto arrivare a Roma la Teologia della liberazione, un cui caposaldo è la lotta contro lo sfruttamento dei popoli dell’America latina da parte del grande capitalismo statunitense. Ed ha soggiunto che Giovanni Paolo II, nell’accettare la tradizione centralistica della Chiesa di Roma, aveva avuto la testa a destra, ma, nel condannare l’imperialismo americano, aveva dimostrato di avere il cuore a sinistra.
Destra, sinistra: sono termini da cui la Santa Sede rifugge, dal momento che essa rifiuta di lasciarsi identificare con una terminologia politica. Eppure è accaduto che sul magistero (fino ad oggi) di Ratzinger le nostrane forze di destra si siano gettate, per cavalcarlo e per dimostrare che un vero cattolico non può essere di sinistra (Berlusconi). Gli esempi possono essere molti (per esempio la crociata del senatore Pera contro il relativismo, la bestia nera del papa), ma per ora basti pensare al recente Family day di piazza San Giovanni, organizzato in contrasto con il progetto sulle unioni civili del governo Prodi e strumentalizzato dai capi della Destra, incuranti di essere essi stessi tutt’altro che irreprensibili sotto il profilo familiare (hanno tutti due famiglie!). Lo stesso pontefice aveva favorito quella strumentalizzazione, quando, a Verona, ha dichiarato che la Chiesa deve gradire gli omaggi dei cosiddetti atei devoti (pur senza nominarli; ma è risaputo che gli atei devoti altro non sono che berlusconiani in cerca di voti: per esempio, Giuliano Ferrara e il senatore Pera).
La prossima enciclica di Benedetto XVI, alla luce di tali precedenti, non può non apparire come il sintomo di un ripensamento, sul quale ignoro se abbia influito il pensiero del preparatissimo segretario di Stato Bertone (ma non me ne meraviglierei).
Sì, un ripensamento, come a dire: guardate che la Chiesa non è schierata a fianco dei potenti che occultano all’estero i loro capitali per trarne benefici fiscali; se fino ad oggi il Vaticano può aver dato l’impressione di stare dalla loro parte, guardate che non è così; la Santa Sede resta al di sopra dei partiti e dei loro leader.
Nel frattempo Leonardo Boff ha arricchito il suo pensiero di difensore dei poveri del mondo con l’adesione al movimento giovanile no global e all’azione di quanti difendono il globo dall’inquinamento che rischia di distruggerlo. Nel 1995 ha pubblicato il volume Ecologia: grito da terra, grito dos pobres. Grido della terra, grido dei poveri, perché ancora una volta i primi ad essere colpiti da tale inquinamento sarebbero i soliti dannati della terra, i poveri.
La notizia della prossima enciclica di Benedetto XVI, ampiamente illustrata dal “Corriere della Sera”, non è stata, ch’io sappia, smentita, e questo è un segnale interessante. Pazientiamo quindi fino ai primi del prossimo anno. Solo allora sapremo se coglie nel segno l’ipotesi che ho formulato.

di Alessandro Roveri
Già Professore di Storia contemporanea all’Università di Ferrara

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