– Un’ondata di qualunquismo sta rovesciandosi sulla politica italiana: i partiti sono tutti uguali si dice , ossia hanno tutti le stesse caratteristiche: dirigenti ai quali importa solo l’interesse della loro parte, e non quello dei cittadini comuni.
Per forza: nella opaca vicenda delle intercettazioni relative alle scalate bancarie sono finiti tutti: capi del centro-destra e capi dei Ds. Per carità: nessun reato, nessun comportamento penalmente rilevante. Niente di paragonabile a ciò che accadde nel 1992, quando Craxi tentava di cavarsela definendo l’ingegnere Chiesa «un mariuolo». Semplici interessamenti, questa volta. Ma le smentite non convincono nessuno. L’impressione del cittadino comune è che il furbetto del quartierino lavorasse palle!): da una parte per la conquista del “Corriere della Sera”, dall’altra per quella di “Carlino” e giornali collegati. La sinistra si accontentava di molto poco, nel reciproco gioco delle scalate.
Adesso se la prendono tutti, a cominciare da D’Alema, con i magistrati, ma i magistrati non hanno fatto altro che applicare imparzialmente una legge mal fatta, approvata a suo tempo dai politici in Parlamento. Ora c’è il rischio che con un’altra legge si voglia imbavagliare la stampa, limitandone pesantemente la libertà. Va lodato l’onorevole Casini, che a “Ballarò” ha messo in guardia contro tale pericolo. E D’Alema ha ragione anche lui a ricordare come ha fatto in quella trasmissione che l’intercettazione di cui è stato vittima Fassino due anni fa presuppone il reato di qualcuno (magistrato? ufficiale di polizia giudiziaria? cancelliere?), che ha reso pubblico il fassiniano «abbiamo una banca», frase che faceva parte di una intercettazione non solo non consegnata alle parti, ma nemmeno ancora sbobinata. Ma la gente le sa, le ricorda, le capisce queste cose? C’è da dubitarne. No, le scelte politiche non sono mai indifferenti.
La gente, quella formata da persone che non leggono e si limitano ad informarsi attraverso la sola televisione, accoppia al proprio qualunquismo una buona dose di populismo, ossia di vellicamento della propria faciloneria. Per esempio: bisogna fare il viso dall’armi agli extracomunitari perché sono arruolati dalla malavita e violentano le donne ecc.
Un altro esempio di populismo ci è offerto a casa nostra. Mi riferisco a chi da una parte critica (giustamente) i costi esorbitanti della politica, ma poi dall’altra bandisce la crociata in favore della creazione dell’inutile ed insensata Regione Romagna: un altro carrozzone che non servirebbe a niente, e verrebbe a costare un sacco di soldi pagati poi dai cittadini attraverso le imposte. Ma davvero davvero non ci sono cose più serie di cui occuparsi?
Non si può non dar ragione a Pareto, il grande sociologo secondo il quale sono gli stati d’animo e non la ragione a guidare gli uomini. Chi scrive, nonostante tutto, continua a professare la religione della ragione e della riflessione.
di Alessandro Roveri
*Già professore di Storia contemporanea all’Università di Ferrara