– I libri di Panozzo contengono una certezza: sono intelligenti e fatti con sobria eleganza. Una volta letti, ti lasciano un segno addosso. In questo filone si inserisce “Porcus Troianus” (232 pagine, euro 13). E’ la storia della porchetta in un trattato dell’Ottocento, scritto da Luigi Nardi (1777-1837), un prete colto vissuto a Rimini a gomito a gomito col vescovo. Il lavoro del prelato, nasce come una cicalata, cioè discorsi sopra temi curiosi trattati con leggerezza e ironia.
Panozzo ripropone “Porcus Troianus o sia la Porchetta” nella seconda edizione della tipografia Nobili di Bologna. La prima invece risale al 1813. Lo spunto lo diede il matrimonio tra Carlo Ridolfi (veronese e nipote del vescovo di Rimini) e Rosa Spina (della nobile casata riminese). A tavola c’erano 22 persone e nulla si sa delle portate.
A parere del Nardi “la sola, vera porchetta di eroiche origini è quella che si conserva nell’uso romagnolo che nulla ha in comune con la porchetta napoletana o bolognese”.
Per dare valore a tale affermazione, il volume reca un’appassionata e accorta riflessione di Luisa Bartolotti. Scrive la studiosa: “Certamente lusinga essere depositari di tal nobile origine, ma l’eccellenza del profumo e del sapore di questa gustosissima vivanda basta da sola a legarla inscindibilmente al nostro territorio e ad elevare la fama dello squisito prodotto gastronomico locale che ha caratteristiche del tutto proprie”.
E i riminesi possono essere orgogliosi perché “per i romagnoli la tipica porchetta è quella preparata nella zona di Morciano, presente in tutte le manifestazioni collettive di ogni paese e città della Romagna, che sconfinando dalla Valconca arriva nel Montefeltro”.